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Economia
27 Aprile 2025 - 16:00
In Italia si lavora, ma non sempre basta. Anzi, sempre più spesso succede il contrario: si ha un lavoro, magari anche a tempo pieno, ma non si riesce comunque a uscire dalla povertà. Secondo i dati appena pubblicati da Eurostat, nel 2024 il 9% degli occupati full time italiani è povero. Tradotto: quasi una persona su dieci, pur lavorando, non guadagna abbastanza per vivere dignitosamente. Il dato, già preoccupante, è in peggioramento rispetto all’anno scorso, quando era all’8,7%. E se allarghiamo lo sguardo a tutti i lavoratori, anche part-time o con impieghi stagionali, la percentuale sale ancora: il 10,2% degli occupati italiani adulti è a rischio povertà. In Germania, ad esempio, la stessa percentuale è poco più di un terzo: solo il 3,7% dei lavoratori a tempo pieno è povero. In Finlandia, appena il 2,2%.
Ma chi sono, in concreto, queste persone? Sono giovani, autonomi, persone con un basso livello di istruzione, ma non solo. Il fenomeno riguarda sempre più anche i laureati, che fino a poco tempo fa sembravano protetti: nel 2024 il 4,5% di loro è povero, contro il 3,6% dell’anno precedente.
A soffrire di più, però, restano i più giovani: tra i 16 e i 29 anni, più di un occupato su dieci (11,8%) è sotto la soglia di povertà. E chi lavora in proprio, senza tutele, vive una realtà ancora più dura: il 17,2% dei lavoratori autonomi è povero, una percentuale che è salita rispetto al 2023.
Avere un lavoro oggi non è più garanzia di benessere, e che spesso la qualità dell’occupazione, tipo di contratto, ore lavorate, salario, tutele, conta più del semplice fatto di essere impiegati. Il fenomeno ha un nome ben preciso: si chiama “povertà lavorativa”, ed è una delle nuove facce delle disuguaglianze moderne.
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