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Cibo & Turismo

I turisti amano la ristorazione italiana: la conferma arriva da un'indagine di Nexi e Ministero

Secondo il rapporto Tourism and Incoming Watch, un quarto dei pagamenti digitali è destinato alla tavola. FIPE: “Ruolo chiave del settore, ora stop alle commissioni”

I turisti amano la ristorazione italiana: la conferma arriva da un'indagine di Nexi e Ministero

Foto di repertorio

La ristorazione italiana si conferma il primo canale di spesa per i turisti stranieri della Penisola, soprattutto in termini di pagamenti digitali. È quanto emerge dal Rapporto Tourism and Incoming Watch curato da Nexi e Ministero del Turismo: nel 2024, infatti, oltre 5,5 miliardi di euro sono stati spesi tramite moneta elettronica nei ristoranti, bar e locali italiani, equivalenti a più del 26% del totale dei pagamenti digitali dei viaggiatori internazionali.

Se si prende come riferimento la spesa complessiva stimata da Banca d’Italia – pari a 54 miliardi di euro – il valore complessivo attribuibile al food & beverage supera i 14 miliardi di euro, rendendo l’enogastronomia uno dei pilastri dell’offerta turistica nazionale.

“Questi numeri certificano il peso economico della ristorazione per il turismo e il crescente uso della moneta elettronica anche per piccoli importi”, ha commentato Roberto Calugi, direttore generale di FIPE-Confcommercio, sottolineando come il comparto stia guidando la transizione digitale.

Tra i mercati di riferimento, spiccano Germania, Francia e Stati Uniti, quest’ultimi con un tasso di fidelizzazione altissimo. È soprattutto da questi Paesi che arrivano i cosiddetti “food lovers”, visitatori che riservano alla ristorazione una quota di spesa superiore del 70% rispetto alla media.

Le mete più gettonate? Oltre alle classiche città d’arte come Roma, Firenze, Milano, Venezia e Napoli, emergono con forza anche le destinazioni gourmet e paesaggistiche: Costiera Amalfitana, Pompei, colline toscane, Cinque Terre, laghi di Garda e Como, Costa Smeralda.

Alla luce di questi dati, FIPE rilancia il tema delle commissioni sui pagamenti elettronici, ritenute ancora troppo pesanti per le piccole transazioni. “Se vogliamo favorire una diffusione capillare della moneta digitale – conclude Calugi – è necessario intervenire su questo fronte”.

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