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Economia & auto
30 Luglio 2025 - 13:45
Nel mondo dell’automotive, il 2025 non è un anno qualunque. È l’anno in cui le supercar ibride di Lamborghini battono ogni record mentre i colossi tedeschi come Mercedes e Porsche arrancano sotto il peso di dazi, concorrenza cinese e vendite in caduta. È l’anno in cui, mentre Nissan chiude uno stabilimento in Messico, a Sant’Agata Bolognese si celebra un nuovo picco produttivo. Il primo semestre racconta due facce della stessa industria globale: quella che accelera verso l’innovazione e quella che lotta per non restare indietro.
Mai così tante Lamborghini erano state consegnate nei primi sei mesi dell’anno: 5.681 vetture, in aumento rispetto alle 5.558 dello stesso periodo del 2024. Un traguardo che dimostra quanto il marchio emiliano guadagni terreno, diventando la punta di diamante di tutto il gruppo Volkswagen, nonostante l'evidente periodo di crisi. Il Return on Sales (Ros) – l’indice di redditività sulle vendite – parla chiaro: 26,6%, un valore irraggiungibile anche per le sorelle di lusso come Bentley, ferma al 6,9%. Il segreto? La strategia di ibridizzazione. Il successo del Suv Urus SE (+29,7%) e della hypercar Revuelto ha permesso a Lamborghini di consegnare oltre 4.300 vetture ibride. E anche se le consegne continuano a gonfie vele, la produzione totale cala (da 6.762 a 5.043 unità), ma per una ragione chiara: l’uscita di scena della Huracan, in attesa del lancio della nuova Temerario, che completerà la gamma completamente ibrida. Il fatturato si mantiene stabile a 1,62 miliardi, mentre l’utile operativo cala leggermente (-5,9%) a causa dei tassi di cambio e dei dazi americani. Ma la direzione è tracciata: Cor Tauri, la roadmap strategica di Lamborghini, punta dritta verso un futuro elettrificato, ma senza rinunciare al DNA da supercar.
Se in Emilia si festeggia, a Stoccarda e Zuffenhausen il clima è ben diverso. Mercedes-Benz chiude il semestre con un calo del 55,8% dell’utile netto, che scende a 2,7 miliardi di euro, affondato soprattutto da un secondo trimestre disastroso: 957 milioni di utile netto, -68,7% rispetto al 2024. Il problema principale? La Cina, un tempo mercato d’oro, oggi in forte rallentamento (-19% le vendite), e gli Stati Uniti, dove i nuovi dazi hanno eroso 362 milioni di utile operativo solo nel secondo trimestre. Anche Porsche naviga acque tempestose: utile netto giù del 71%, fermo a 780 milioni, e un crollo operativo del 67%. I dazi USA hanno pesato per 400 milioni e ora anche la casa di Ferdinand Porsche rivede al ribasso le sue previsioni, stimando un margine operativo tra il 5% e il 7% (contro l’8,1% del 2024). A peggiorare il quadro, la frenata della domanda di elettriche nei mercati asiatici e spese straordinarie da 700 milioni, tra cui un piano di tagli a 1.900 posti di lavoro e investimenti nel settore batterie. Il Ceo Oliver Blume non nasconde le difficoltà: «Questa non è una tempesta passeggera».
Neanche in Giappone il panorama è sereno. Nissan ha chiuso il primo trimestre dell’anno fiscale 2025 con una perdita operativa di 79,1 miliardi di yen (534 milioni di dollari), molto meglio del previsto ma comunque segno di una profonda crisi strutturale. Le vendite globali sono diminuite, i tassi di cambio hanno giocato contro e i dazi USA hanno colpito duramente. Il piano di rilancio Re:Nissan prevede la razionalizzazione della rete produttiva, già avviata con la decisione di chiudere l’impianto di Civac in Messico entro il 2026. Il margine operativo è sceso a -2,9% e, anche se la liquidità resta elevata, la sfida è enorme. Il gruppo francese Renault, azionista di riferimento con il 35,71%, ha già accusato il colpo: la perdita Nissan ha influito negativamente per 127 milioni di euro sul bilancio del secondo trimestre.
Se un tempo il settore automotive seguiva le curve della domanda globale, oggi deve dribblare barriere doganali, squilibri geopolitici e la corsa all’elettrificazione. I nuovi dazi USA sulle auto europee, portati al 27,5% ad aprile e successivamente limati al 15% da un accordo tra Washington e Bruxelles, hanno già generato impatti multimilionari sulle grandi case. I marchi che esportano pesantemente verso gli Stati Uniti – come Mercedes, Porsche, ma anche Nissan – si trovano ora a ricalibrare strategie e margini.
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