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Il caso
20 Dicembre 2025 - 00:10
Sono dei violenti Sgombrate Aska
Nasce con l’occupazione di una palazzina comunale in corso Regina Margherita 47, diventando in poco tempo simbolo dell’antagonismo urbano e punto di riferimento per movimenti come i No Tav, nel 1996.
Poi 16 anni abbondanti di tolleranza “de facto”. Almeno quattro amministrazioni passate senza atti che cercassero di regolarizzazione o estirpare l’occupazione.
Poco dopo, però, la prima spinta durante la Giunta del Dem Piero Fassino da parte dell’assessore alla Casa Maurizio Marrone, allora consigliere comunale di minoranza: una mozione, passata grazie all’appoggio dei Moderati (tra i firmatari anche l’ex assessore Giuseppe Sbriglio) che impegnava la Città a mettere all’asta gli stabili occupati dagli anarchici.
Allora l’attuale sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, era assessore all’Urbanistica e sedeva tra i banchi della maggioranza. Ma poi niente di fatto.
Gli anni passano e “quelli di Aska” diventano tra i responsabili dei disordini del G7 di Venaria, nel 2017. Ma prima ancora degli scontri in Val di Susa, che si sono protratti per quasi due decenni.
Fino all’apertura di Lo Russo a marzo dello scorso anno. Con il percorso di rigenerazione e sperimentazione basato su un’idea di “bene comune”, che propone, per tramite di un comitato civico — che da allora sarebbero stati chiamati “garanti di Aska” — un Patto di collaborazione. Un percorso coraggioso, ma quantomeno ingenuo, secondo parte dei “suoi”.
Le chiavi dell’immobile vengono date proprio ai garanti, che “promettono” di non occupare i piani superiori (una delle condizioni del Patto).
Ma lo stabile, com’è stato accertato nella nottata di giovedì scorso, è abitato eccome. E la cancellata che a marzo scorso si era aperta al Comune di Torino per il sopralluogo («Un fatto storico», aveva detto Lo Russo), parte del “controllo di gestione” del Patto, torna a chiudersi. Ma stavolta vuota.
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