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Legalità
08 Settembre 2025 - 22:45
In caso di problemi con il Fisco, una delle strategie che potrebbe balenare nella mente di qualcuno è quella di cedere il proprio patrimonio ai figli per evitare eventuali confische o il pagamento delle imposte. Ma quanto è davvero sicura questa mossa? La risposta arriva dalla Corte di Cassazione, che con la sentenza 29943 del 29 agosto 2025 ha chiarito che cedere beni per evitare il Fisco, anche formalmente, può essere considerato un atto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, con conseguenze legali severe.
Nel caso in esame, un imprenditore si trovava in difficoltà con il Fisco a causa di diversi avvisi di pagamento ricevuti. Deciso a sfuggire ai debiti, ha scelto di trasferire il 29% delle quote di una società immobiliare, di cui era proprietario dell’unico immobile. La cessione è avvenuta formalmente in modo corretto, ma il padre ha mantenuto l'1% delle quote, nonché la carica di amministratore unico, continuando a controllare la società.
Questa mossa non è passata inosservata alla Corte di Cassazione, che ha ritenuto che il gesto fosse un espediente per eludere il pagamento delle imposte, utilizzando il figlio come prestanome. La sentenza ha spiegato che l’aspetto rilevante non è tanto la correttezza formale dell’atto, ma l’intento fraudolento dietro la cessione. In particolare, tre fattori hanno sollevato il sospetto:
Il trasferimento è avvenuto subito dopo l’accertamento fiscale;
Il figlio risultava più come complice che come acquirente indipendente;
Nonostante la cessione, il padre ha continuato a controllare l'azienda.
La Corte di Cassazione ha parlato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, definendo la manovra come un atto illegale. Non è necessario che l'Erario subisca un danno economico immediato: la sola intenzione di frode basta a far scattare la responsabilità penale. Pertanto, il reato non riguarda solo l’occultamento di beni, ma anche la realizzazione di atti destinati a ostacolare la riscossione delle imposte.
In questo caso, la confisca ha riguardato il valore nominale delle quote trasferite, non il capitale sociale effettivo. La sentenza ha decretato una confisca del 29% dell’immobile conferito nella società, per un valore di 42mila euro, oltre a una condanna a otto mesi di reclusione per l'imprenditore.
Questa sentenza evidenzia che, anche se l’atto di cessione è formalmente corretto, se il fine è sfuggire al pagamento delle imposte, si rischia di incorrere in sanzioni penali. Inoltre, la Cassazione sottolinea che la valutazione del danno non dipende dalla cifra effettivamente sottratta, ma dal valore reale dell'operazione.
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