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Stati Uniti, maxi dazio sulla pasta italiana: “C'è il rischio che il prezzo raddoppi”

Allarme dal Piemonte: “Un colpo durissimo per le nostre imprese e per l’export da 700 milioni”

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Potrebbe diventare salatissima, da gennaio 2026, la pasta italiana destinata al mercato americano. Gli Stati Uniti stanno infatti valutando un nuovo dazio del 107% sul prodotto simbolo del Made in Italy, una misura che rischia di colpire duramente anche le aziende piemontesi.

“Un rincaro così pesante rende estremamente difficile competere sul mercato americano, uno dei principali sbocchi per il Made in Italy agroalimentare”, spiega Claudio Fantolino, presidente di CNA Agroalimentare Piemonte. Il settore, nella sola regione, vale circa 700 milioni di euro in esportazioni verso gli USA.

Secondo i calcoli, il dazio aggiuntivo del 91,74% si sommerebbe a quello già esistente del 15%, portando la tariffa complessiva oltre il 100%. “Facciamo un esempio semplice per capire l’impatto pratico – denuncia Fantolino – se un pacco di pasta italiana ha un prezzo di esportazione di 1 euro, con un dazio del 107% il venditore o l’importatore dovrà pagare una tassa doganale di 1,07 euro. Di conseguenza, il costo totale per far arrivare quel pacco negli Stati Uniti salirà a 2,07 euro, più del doppio del prezzo iniziale”.

“Questa misura penalizza soprattutto le pmi e le microimprese, che rappresentano circa il 94% del tessuto produttivo italiano e sono i veri custodi del Made in Italy”, prosegue Fantolino. “A questa mazzata si aggiunge poi la recente svalutazione del dollaro rispetto all’euro, pari al 13%, che incide ulteriormente sul costo finale per le imprese italiane. Sommando i due effetti, si arriva a un aumento reale del costo per le esportazioni verso gli Stati Uniti del 28%, un peso gravissimo per tante realtà già fragili”.

Come ricordato, a livello piemontese, l’export agroalimentare verso gli USA vale complessivamente circa 700 milioni di euro, una quota significativa per l’economia regionale e per le tante imprese che operano nel settore. “L’export piemontese verso il mercato americano rischia di subire un contraccolpo pesantissimo, con ripercussioni non solo economiche ma anche occupazionali e sociali”, conclude Fantolino.

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