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Lo studio “Neve diversa 2023” di Legambiente elenca seggiovie chiuse, skilift spenti ed ecomostri

Lo sci muore: 13 stazioni abbandonate

Stazioni sciistiche abbandonate

Scarponi e sci abbandonati nella stazione sciistica di Traversella, in Valchiusella

C’è la pista da bob di Cesana, nata per le Olimpiadi 2006 e poi lasciata in balia dei predoni. E lo scheletro di cemento in mezzo al verde della montagna di Viù, ribattezzato “ecomostro” anche da chi passeggia per quei sentieri. Poi seggiovie piene di sci e vecchi scarponi, skilift arrugginiti e hotel mai terminati: è il campionario degli impianti sciistici abbandonati nella provincia di Torino, 13 monumenti al degrado e al clima che cambia. A elencarli è Legambiente nel suo studio Neve diversa 2023, che analizza la situazione del turismo invernale nell’era della crisi climatica.
Il risultato di questo censimento è un viaggio tra ruderi e ruggine, con 13 esempi e un punto di partenza simbolico: «L’impianto di Cesana Pariol, costruito per Torino 2006 e costato 110 milioni di euro, è oggi un serpente che si snoda in mezzo ai larici, dove i cercatori di ”oro rosso” hanno sfilato chilometri di cavi di rame» descrivono gli ambientalisti nel loro studio. Avrebbe dovuto essere riutilizzato per le Olimpiadi 2026, ipotesi che ora sembra più lontana. Tanto che si parla di trasformarlo nello Ski Dome, l’impianto sciistico coperto più lungo d’Europa: un’idea che permetterebbe di recuperare quelle rovine ma che Legambiente bolla come «un progetto che non tiene conto della crisi climatica ed ecologica».
L’associazione vorrebbe che quella pista venisse smantellata insieme agli altri ruderi abbandonati che ha censito, quasi tutti costruiti fra gli anni ’60 e ‘70: all’epoca l’Aquila, a Giaveno, era una nota stazione sciistica. La maggior parte degli impianti è stata smantellata nel 1994, rimangono l’edificio della stazione di monte della seggiovia e parte degli skilift. Come sul monte Vandalino di Torre Pellice, dove restano anche i tralicci della cestovia: «Basterebbe veramente poco per smantellarli, visto che le stazioni sono state recuperate come alloggi».
A Pian Gelassa (Gravere), doveva nascere un grande comprensorio, invece ha funzionato pochi mesi: nato nel 1969, negli anni ‘70 le valanghe spazzarono via gli edifici già costruiti e i progetti di recupero non si sono mai concretizzati. Esattamente come in località Palit, a Traversella: nel 2015 c’è anche stato un intervento di revisione degli impianti costato 370mila euro, al 90% erogati dalla Regione. Da allora sono andate deserte due gare per la gestione delle strutture, di proprietà dell’Unione dei Comuni montani della Valchiusella.
A Bealuard (Oulx) la partenza e l’arrivo della seggiovia sono ancora visibili dal piazzale principale del paese, con tralicci e funi che arrivano inutilmente fino al rifugio Guido Rey. Alla lista si aggiunge la zona Conca di Pragelato, con gli skilift “Belotte Piz”, “Smeraldo” e “Cristallo”: tutti inutilizzati, come parte di un vecchio skilift nella stazione sciistica di Pian Benot, regolarmente funzionante a Usseglio. E fa effetto vedere le immagini dell’impianto sul Colle del Sommeiller, a Bardonecchia: «Il ghiacciaio si è ritirato ma sono ancora chiaramente visibili due stazioni di partenza e arrivo - descrive lo studio Neve diversa di Legambiente - E sul tracciato resistono i piloni ad arco, costruiti negli anni ‘60 abbattuti negli anni ‘90». Invece della sciovia in località Pian del Sole, a Claviere, rimangono solo i plinti a monte e la struttura del contrappeso a valle. La vicina funivia di località Piancavallo, sempre a Claviere, era nata nel 1934 con cabine da 17 posti ciascuna ma fu danneggiata e dismessa durante la Seconda guerra mondiale. A 80 anni di distanza la stazione di monte è ancora lì, danneggiata ed esposta alle intemperie. Invece l’impianto di Chialamberto (località Cossiglia) chiuse nel 1985, riaprì ma fu danneggiato dall’alluvione del 1994. Riaprì ancora e fu di nuovo dismesso. E ora, dato che a 900 metri di altitudine la neve ha iniziato a scarseggiare, la zona viene riciclata come snowpark per bambini. Situazione simile a Colleretto Castelnuovo: lo skilift di Santa Elisabetta non funziona più per carenza di neve dal 2015 ed è in attesa di un gestore.
Chiude l’elenco un altro edificio simbolo del degrado: Legambiente definisce l’Alpe Bianca, il complesso turistico abbandonato nella località Tornetti di Viù, «un ecomostro alpino da manuale, conseguenza di una doppia speculazione sbagliata: sciistica, per la mancanza di neve, e immobiliare, visto che le strutture residenziali restarono invendute».

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