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Matrimoni da incubo
28 Marzo 2023 - 21:00
Una delle immagini promozionali di Nonsolofoto
Orlando Giordani e Jessica Pilla erano spariti nel nulla quasi cinque anni fa: era luglio 2018 e centinaia di sposi da tutto il Nord Italia si erano ritrovati da un giorno all'altro senza i servizi che avevano pagato. Fedi, ristorante, fiori, fotografo: tutto scomparso insieme ai titolari di NonSoloFoto, la società di wedding planner che aveva conquistato il mercato delle nozze grazie ai loro sconti vertiginosi. E anche i fornitori erano rimasti senza i soldi pattuiti, arrivando a vette di 180mila euro di crediti.
Lunedì i due sono "riapparsi" in tribunale e hanno fornito la loro versione dei fatti: «Gli sposi ci davano fiducia ma quando ci hanno accusati su Facebook è saltato tutto e noi siamo rimasti senza nulla». La procura e gli avvocati delle parti civili contestano: «Risultano conti correnti in Germania e Lituania, oltre a una società con sede in Belize». E la procura ha chiesto una condanna a 3 anni, 8 mesi e 6 giorni per entrambi gli imputati.
Quasi cinque anni di indagini
Foto di gruppo con i fornitori per Orlando Giordani e Jessica Pilla
Sono le ultime battute del processo per la “truffa dei matrimoni”, una vicenda partita da Poirino ma diventata celebre in tutta Italia: secondo l'accusa, Giordani e Pilla si sarebbero intascati 530mila euro dai clienti, che avevano pagato cifre fra gli 800 e i 17mila euro di fiori, anelli e pranzi per il loro giorno più bello. Tre fornitori, gli unici che hanno denunciato, ne aspettano altri 230mila. Di loro, si è costituito parte civile solo Marco Traverso, il fioraio che ha fatto emergere la presunta truffa. Stessa scelta per altre 41 vittime, tutti sposi raggirati da NonSoloFoto di Poirino.
La presunta truffa era emersa nel luglio di cinque anni fa:
La raffica di denunce risale a luglio 2018. L’inchiesta, gestita dalla Guardia di finanza, è passata alla procura di Asti ma poi è stata spostata su Torino. Così i tempi si sono allungati a dismisura. E l’alto numero di parti offese ha fatto il resto: in totale erano 306, sparse per mezza Italia. Tutte coppie attirate dai prezzi modici per il “matrimonio da sogno” promesso da Pilla e Giordani. Fino a quando il castello è crollato e i fornitori si sono ritrovati con crediti da decine di migliaia di euro. Quindi hanno smesso di erogare i servizi, lasciando i clienti senza fiori o gioielli per cui avevano già pagato.
Giordani nel video su Facebook con cui aveva spiegato il crack di Nonsolofoto nell'estate 2018
Il processo era iniziato quasi un anno fa:
Il dibattito in aula
«Avevamo instaurato un sistema che ci permetteva di avere sempre liquidità, visto che gli sposi pagavano in anticipo grazie a sconti del 50% - ripercorrono Giordani e Pilla, che si presentavano come padre e figlia - E noi potevamo pagare i fornitori nel giro di tre mesi, cui garantivamo un centinaio di matrimoni l'anno. Poi non ce l'hanno più permesso». Chi? «Traverso ha causato il disastro: aveva problemi a livello economico e ha scritto su Facebook che aveva un credito di 180mila euro. Così abbiamo perso la fiducia degli sposi, che hanno iniziato a chiederci i soldi indietro. Poi anche i fornitori hanno fatto lo stesso: noi li abbiamo pagati e poi ci sono rimasti 250 euro sul conto». Alla Guardia di finanza, però, risultano prelievi per 430mila euro tra 2017 e 2018: «Tutti soldi dati in contanti a fornitori e collaboratori». E i conti all'estero? «Sono gli unici che riusciamo ad aprire: in Italia non ce lo permettono. E nessuno ci dà lavoro: abbiamo il reddito di cittadinanza».
In questi mesi i due imputati hanno comunque provato a risarcire con un’offerta di 500 euro: «Ha accettato un centinaio di coppie» riferisce l’avvocato Andrea Negro Camusin, che assiste Giordani e Pilla insieme alla collega Valeria Giacometti. Il totale fa 50mila euro, molto meno dei 760mila contestati. In sostanza, i due imputati avrebbero ancora tanto da risarcire: «Per le mie 17 coppie chiedo 208.496 euro» riferisce l'avvocato Fabrizio Francese. E la procura stima un'evasione fiscale di 2 milioni di euro.
In aula il legale degli imputati ha escluso la truffa da parte dei suoi assistiti: «Non c'è stato dolo da parte loro, hanno soltanto avuto la colpa di riuscire a gestire un evidente rischio d'impresa. La loro era un'attività seria e gli sposi si sono sempre trovati bene, compresi quelli che poi li hanno querelati. Purtroppo non hanno fatto fronte al crollo del loro fragile sistema a catena». Tutto il contrario di quanto sostenuto dall'accusa, che contesta la truffa e chiede una condanna a 3 anni, 8 mesi e 6 giorni: la sentenza è prevista per il 19 aprile.
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