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In tribunale a Torino

Tappezziere a processo per il divano rovinato dai gatti

Un artigiano smemorato imputato perché non ha restituito alla proprietaria il sofà

Un gattino sul divano

Un cucciolo di felino che si fa le unghie su un sofà

Aveva portato, dopo la prima ondata di Covid, il divano di pelle - rovinato dalle unghie dei gatti - dal tappezziere, per farlo foderare a nuovo. Era il 25 settembre 2020 e la proprietaria, una signora amante dei piccoli felini residente in zona Mirafiori, si era rivolta a un artigiano di Nichelino, a cui aveva pagato un acconto di 200 euro, su un preventivo da 640 euro. Il tappezziere, il 7 ottobre, ritirando il sofà, aveva promesso alla cliente: «Tra due giorni glielo riporto». Ma poi era sparito nel nulla.

Telefonate, mail e blitz direttamente in bottega (persino con i carabinieri) non erano serviti a nulla. E alla fine il tappezziere, denunciato per appropriazione indebita, è stato rinviato a giudizio. Ma è stato fortunato. Perché con il passare del tempo, è cambiata anche la legge, e grazie alla riforma Cartabia ieri l’imputato è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. E’ stata la pm stessa, ieri alla fine della discussione, a chiedere l’assoluzione per tenuità del fatto.Le disavventure della signora amante dei gatti sono iniziate in un momento particolare: l’autunno del 2020, quando la prima ondata di Covid era passata da poco e tutti noi eravamo abituati, a causa del lockdown, a trascorrere molto tempo a casa.  

Il divano, con la pandemia, è diventato quindi un bene di assoluta necessità. Ecco perché la cliente spazientita, con il passare dei giorni, si è decisa a rivolgersi a un’avvocata per riavere in tempi celeri il suo “bene”. «Il tappezziere si è reso del tutto irreperibile», ha scritto la signora nella denuncia scritta dalla legale Maria Luisa Panico, che ha inviato all’artigiano una formale messa in mora. Ma non era servita. Il tappezziere sembrava sparito. A un certo punto, verso la metà di novembre, era ricomparso: aveva mandato una mail e promesso la consegna del sofà entro il 20 novembre.


Ma anche questa volta non era arrivato. Il 18 dicembre, sperando di riavere il suo arredo prima di Natale, la signora aveva tentato un blitz: il 18 dicembre si era presenta dal tappezziere, con i carabinieri di Regio Parco. L’artigiano, si era giustificato dicendo: «Non ho potuto lavorare per malattia. Sono stato in quarantena per il Covid». Il divano c’è, o meglio, c’era: era a pezzi, smontato, in un angolo. La cliente aveva chiesto che i pezzi le venissero riconsegnati a casa col furgone, ma l’uomo aveva risposto: «Non posso. Non ho l’assicurazione». La misura era colma. E l’artigiano era finito a giudizio per appropriazione indebita con l’aggravante di avere agito abusando delle relazioni di prestazione d’opera. Ma il tempo – e la riforma Cartabia – hanno favorito l’imputato. La pm Lisa Bergamasco, a cui era finito il fascicolo, ieri ha chiesto l’assoluzione per tenuità del fatto. E l’uomo è stato dichiarato innocente

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