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L'autore da riscoprire
06 Aprile 2023 - 08:00
Rubem Fonseca
Era un poliziotto Rubem Fonseca, uno di quelli che devono combattere il crimine nelle favelas, prima di diventare uno scrittore. E in questo suo romanzo di cinquant’anni fa, “Il caso Morel” (Darkside Fazi, 18 euro, traduzione di Daniele Petruccioli), mette in scena un suo alter ossia Vilela, ex commissario diventato scrittore di gialli, ma più che altro un suo riflesso in uno specchio incrinato. Che d’altra parte è anche per il suo antagonista, ossia l’artista Paul Morel, che dalla prigione chiede di incontrare lo stesso Vilela.
Gioco di specchi e di riconoscimenti, che saranno esplicitati solo nel finale, o forse neppure lì. Perché “Il caso Morel” è realmente un noir atipico, un romanzo in cui fabula e intreccio possono essere la stessa cosa e le voci si rincorrono, si mescolano, si confondono, come diversi piani sequenza di un film.
Paul Morel è in cella per avere assassinato barbaramente una delle sue amanti, il cui cadavere è stato ritrovato su una spiaggia di Rio de Janeiro. E nella sua detenzione - nella presunzione tutta sua di una innocenza annebbiata dall’alcol e dall’eccitazione sessuale e di una parafilia non solo sua - si è messo a scrivere, scrivere qualcosa che è una via di mezzo tra un romanzo e un memoir, o forse una arringa difensiva. Quelle pagine le mostra a Vilela, ma perché? Perché pensa che l’ex commissario, ora scrittore in grave crisi creativa, possa aprirgli le porte di una pubblicazione? O quelle della cella, andando a cercare la verità?
«Andiamo via e compriamoci un frustino», ha detto Joana.
«A quest’ora i negozi che li vendono sono tutti chiusi», ho fatto io, sentendomi il corpo scosso da un gran brivido.
«Ne vado a rimediare uno al Pony Club. Non ti va di frustarmi?
C’è da dire che Paul Morel è un artista upper class, premiato alla Biennale di Venezia, iconoclasta, arrogante, alcolizzato, drogato dal sesso. Nato ricco, cresciuto povero, si è creato una identità e un mondo che culmina nella realizzazione di una specie di famiglia-comune, in cui lui è il sultano e le donne si alternano a dargli piacere o se lo danno a vicenda. Amore libero, arte, concezione che evoca, in forme e temi diversi, Pasolini e il suo “ospite” in Teorema. Orge in grandi appartamenti lussuosi a Copacabana, angherie piccolo-borghesi, prostitute modelle e artisti ninfomani, delinquenti e immigrati dalle zone povere del Brasile. Vilela, che qualche problema ce l’ha anche con le donne e le relazione, procede nella lettura e si inoltra in un modo che lo affascina, dibattento con Matos, il commissario che ha arrestato Morel. La pagina scritta - di Morel? Di Fonseca? - si riempie di annotazione, di citazioni di autori da Shakespeare a Burroughs, appunti come a margine del foglio, evocazioni, immagini, saldature come nelle sue sculture partite da rottami, così come la vita - nell’amore, nella redazione o nel crimine - parte dai ghetti dove il bel mondo scarica i poveri.
Rubem Fonseca è scomparso tre anni fa. Nato nel 1925 era arrivato tardi alla letteratura, ma la sua genialità era stata ricompensata con premi e celebrazioni. In Italia, finora, era noto per racconti tradotti da una piccola casa editrice specializzata nella narrativa di lingua portoghese. Ora, l’inclusione nel sempre più variegato catalogo Darkside. Da scoprire.
IL CASO MOREL
Rubem Fonseca
Darkside Fazi
18 euro
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