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Il caso

Dove butto le pile? I torinesi non lo sanno: solo lo 0,02% depositato correttamente

Raccolta differenziata a Torino: la sfida delle pile esauste e l'obiettivo europeo del 73% entro il 2030

Dove butto le pile? I torinesi non lo sanno: solo lo 0,02% depositato correttamente

Indifferenziata? Rifiuti pericolosi? O raee, i rifiuti elettrici ed elettronici? Sono più di quarant'anni che Torino fa la raccolta differenziata (si iniziò negli anni '80 da quella stradale) ma in alcuni casi non sembra chiaro ai torinesi come riciclare correttamente i rifiuti. Come quello delle pile. Tanto che Amiat stima che di quanto differenziato solo lo 0,02% siano batterie esauste: uno su 5mila. Una soglia lontana anni luce dal target Ue che vorrebbe invece un tasso di raccolta delle batterie esauste pari al 63% entro il 2027 e del 73% entro il 2030. «Il trend è positivo e costantemente monitorato», ha spiegato in Sala Rossa l’assessora all’Ambiente Chiara Foglietta, in risposta ad un’interpellanza mossagli dal consigliere di Torino Bellissima Pierlucio Firrao proprio per conoscere lo stato della raccolta di pile esauste a Torino. E in città sarebbero ben 471 i punti distribuiti tra centri di raccolta, punti vendita, sedi istituzionali (uffici comunali, circoscrizionali e scuole), aziende, tabaccherie e supermercati. «Esiste sul sito Amiat una sezione specifica in cui visualizzare i punti di raccolta relativi alla propria zona. E il servizio potrà essere attivato presso tutte le attività che ne facciano richiesta», continua l’assessora.

Ma nonostante i numerosi punti sparsi per la città e le informative condivise sia da Amiat che da Iren ambiente, i dati non mentono: dove gettare le pile a molti non è ancora chiaro. «Il sistema non è così intuitivo», ha infatti ribattuto Firrao. «Va migliorato, dev’essere un po’ fruibile e fornire una mappa che sia accessibile in modo più efficace di oggi», ha sostenuto ancora. Anche perché ad oggi, contenendo metalli pesanti come piombo, mercurio e cadmio, le pile sono considerate rifiuti pericolosi. E sarebbe fondamentale un loro corretto conferimento, per la nostra salute, prima ancora che per l’Ue.

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