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Ambra, ex capo della Digos, lascia Torino dopo 30 anni. I colleghi: «Qui hai fatto la storia»

Il dirigente, omaggiato nella questura di corso Vinzaglio, saluta il capoluogo piemontese dov'era arrivato nel 1994

Carlo Ambra e, a destra, il questore Paolo Sirna

Carlo Ambra e, a destra, il questore Paolo Sirna

«Salutiamo un collega che alla questura di Torino ha fatto la storia». Con queste parole il questore Paolo Sirna ha ringraziato Carlo Ambra, ex capo della Digos e ora promosso dirigente superiore a Roma, omaggiato ieri nella sede di corso Vinzaglio con una festa. Una targa per il lavoro svolto, lettere di ringraziamento da parte dei colleghi che hanno condiviso con lui anni di lavoro. Sette da dirigente della Digos, molti di più da quando Ambra ha messo piede per la prima volta in corso Vinzaglio. Era infatti il 1994. «Carlo ha sempre messo la sua professionalità al servizio della questura, ma voglio sottolineare anche il suo grande lato umano. Ha sempre dato il massimo - ha affermato il questore Sirna - e ha sempre ottenuto il massimo risultato. Saluto un collega, un amico, e una persona che ci ha dato degli insegnamenti. Nonché uno dei più profondi conoscitori delle dinamiche del territorio, dall'antagonismo ai movimenti eversivi e terroristici». Al posto di Ambra ora c'è Rita Fabretti, proveniente dalla Digos di Bologna.

«La mia vera forza, a Torino, è stata la famiglia. Ringrazio - ha detto Carlo Ambra nel suo discorso - il questore Sirna, ma esprimo il mio ringraziamento anche per Ciarambino, Messina e De Matteis. A Torino lascio il mio cuore. È stata un'avventura. Ho iniziato nel 1994 e due anni dopo ero già alla Digos. Con i colleghi abbiamo fatto un grande lavoro. Tantissime operazioni. Ne voglio ricordare una in particolare, quella del 30 marzo 2019, quando per bloccare il corteo nazionale degli anarchici chiudemmo 200 eversivi in una via di Torino dalla quale, alla fine, non riuscirono più ad uscire. Una giornata difficilissima, terminata senza alcuna criticità. Forse, una delle operazioni migliori che siamo riusciti a fare». 

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