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La crisi dell'automotive
12 Marzo 2025 - 15:40
Addio a un sogno da 15 miliardi di euro. Northvolt, il produttore di batterie per veicoli elettrici svedesi, ha dichiarato bancarotta. "L'azienda non è riuscita a riunire le condizioni finanziarie necessarie per continuare le sue attività nella sua forma attuale” sono le dichiarazioni in un comunicato ufficiale.
Troppi debiti per la startup delle batterie fondata dal torinese Paolo Cerutti e da Peter Carlsson, poi amministratore delegato, mentre l'ingegnere torinese era alla guida della controllata americana. Una espansione fatta di costanti round up di finanziamenti, di partnership anche societarie con importanti gruppi automobilistici, da Bmw a Volkswagen (che era azionista al 21%), con realtà come Goldman Sachs, ma anche italiane come Fondaco, ossia la holding di gestione del risparmio italiana partecipata da Compagnia di San Paolo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Narval. Troppo ambizioso, poi, il piano di espansione a cominciare dal mega stabilimento di Skelleftea, nel nord della Svezia.
La crisi è cominciata nel momento in cui Northvolt non è più stata in grado di stare dietro alle richieste del mercato, ritardando le consegne o facendole saltare del tutto. In quei momenti, i grandi dell'automotive erano nel pieno dell'ubriacatura per l'auto elettrica, con progetti di revisione delle intere gamme, di inondazione del mercato di veicoli BEV. Invece, sappiamo benissimo come è andata: crollo delle vendite, crisi dei grandi produttori, a cascata anche di quelli di batterie. Contro i quali c'è poi l'offensiva - anche qui - dei cinesi, con cui i costruttori europei - a cominciare proprio da Volkswagen - sono spesso alleati. Nel frattempo, Bmw aveva cancellato una commessa da 2 miliardi, a causa dei ritardi. L'esposizione finanziaria ha fatto il resto
Per Northvolt, che peraltro non molto tempo fa è finita al centro di una indagine della polizia giudiziaria di Stoccolma per una serie di morti "anomale" di dipendenti - quattro decessi sui 6mila lavoratori in totale, ma sufficienti per far chiedere la chiusura di alcuni reparti per una valutazione della tossicità degli ambienti -, adesso comincia la fase della vendita a opera di un liquidatore giudiziario. L'obiettivo è mettere insieme la somma necessaria per soddisfare le richieste dei creditori e finanziatori per oltre 5 miliardi di euro.
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