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Il collezionista folle

Preziosa statua di Alberto Giacometti ritrovata in una pensione

Il valore di un’opera d’arte non risiede soltanto nella sua bellezza o rarità, ma anche nelle strane vicende che porta con sé...

La statua di Alberto Giacometti

La statua di Alberto Giacometti

PROLOGO


Se c’è una cosa che il Collezionista Folle ha imparato negli anni, è che il valore di un’opera d’arte non risiede soltanto nella sua bellezza o rarità, ma anche – forse soprattutto – nelle strane vicende che porta con sé.
La sua ultima scoperta è emblematica: una statua così realistica da sembrare viva, tanto che gli amici che passavano a trovarlo all’albergo avevano iniziato addirittura ad appoggiarci sopra il cappello. Un comportamento troppo irriverente, un po’ sgradevole. Ha quindi dovuto trasferire altrove l’opera, anche perché – secondo alcuni autorevoli esperti – potrebbe valere decine di milioni di euro. Troppo importante, quella testa, per rischiare equivoci o mancanze di rispetto. Come sempre accade nei casi straordinari, tuttavia, le istituzioni che dovrebbero confermare la preziosa autenticità dell’opera assumono atteggiamenti ambigui. Il direttore della Portrait Gallery Museum di Londra ne è convinto, la società Editrice della Fondazione Giacometti anche. Eppure, quando il Collezionista Folle si è rivolto alla sede parigina della Fondazione Giacometti, ecco l’inatteso smacco: la statua è diversa da tutte le altre opere note dell’artista, quindi – hanno sentenziato – «non può essere di Alberto Giacometti».
La delusione, il senso di ingiustizia, il dubbio di aver perso tempo e fatica lo assalgono.
Poi, quasi per magia, da un cassonetto pieno di vecchi libri sbuca fuori un opuscolo dimenticato, che svela una vicenda rimasta a lungo segreta. Narra che proprio Giacometti, anni prima, avesse recuperato dalla galleria Tate di Londra i frammenti di una scultura rotta della madre, ricomponendoli con una testa differente – forse la sua stessa testa. Un ibrido artistico, un capolavoro “mélange” nato dalla casualità, dai cocci e dalla genialità.
Ora la verità sembra riposare silenziosa nella scatola numero 45 custodita gelosamente dal Victoria and Albert Museum di Londra. Nessuno può consultare quei documenti prima del 2030 per una rigida legge inglese. Ma il Collezionista Folle è paziente.
Aspetterà, perché tra cinque anni potrebbe chiedere giustizia e risarcimento. Sarà il tempo, ancora una volta, a stabilire chi aveva ragione. E sarà ancora una volta lui, il nostro eroe, a sorridere – ironico, bonario e forse vincitore – davanti a una storia d’arte che, comunque andrà, merita senz’altro di essere raccontata.

METTI IN GIOCO
GIACOMETTI

Non puoi toccarla, sembra quasi viva, ma è una statua.
Ho dovuto mandarla via dall’albergo dove abito, poiché ho amici che mi venivano a trovare, le ponevano il loro cappello in testa e non mi pareva bello. La sua testa era troppo importante e da rispettare. Se la Fondazione la riconoscesse potrebbe valere decine di milioni di euro. E’ stata riconosciuta dal direttore del Portrait Gallery Museum di Londra e dalla sociéta Editrice della Fondazione Giacometti, ma la loro sede di Parigi mi ha preso in giro: mi ha fatto vedere tre statue diverse per tipo e fattura, e siccome anche la mia è diversa mi ha scritto che non può essere di Alberto Giacometti. Infatti la statua è composta da due parti: il busto della madre di Giacometti e la testa (più grossa) di Alberto. “Stai calmo!”, sentii dire alla voce lontana, “non è il caso di prendertela così a cuore!”. Mi sono chiesto il perché di una così feroce stroncatura dei miei sogni, ed ho chiesto col pensiero a Gustavo Rol di aiutarmi. Il mio desiderio fu esaudito.
Dopo pochi giorni trovai, rovistando in un cassonetto di libri vecchi, un libricino in cui si scrive di una statua mistamelangé” poiché alla Tate Gallery si era rotta una statua (quella della madre) e Giacometti si era preso i cocci.
Quando alla Tate fecero l’inventario non trovarono la statua rotta e non si avvidero che era stata risarcita dall’assicurazione. Il direttore della Tate fu sospettato di malversazione ed offeso si dimise. Gli succedette un critico d’arte famoso, un certo Silvester, che poi scoprì il fatto ma stette ben zitto. Probabilmente ne scrisse nei suoi ricordi sulla sua agenda che dopo la sua morte fu custodita nella scatola n.45 del Victoria and Albert Museum di Londra dove io la rintracciai, ma non la si può consultare prima dell’anno 2030 per una legge inglese.
Tra cinque anni potrò far causa per danni alla Fondazione Giacometti per avermi impedito di vendere la statua negandomi il riconoscimento?
Chi vivrà vedrà.

 

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