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"Non è vero ma ci credo", Enzo De Caro porta in scena De Filippo

Da venerdì 21 marzo lo spettacolo tragicomico che racconta le vicende di Gervasio Savastano

"Non è vero ma ci credo", Enzo De Caro porta in scena De Filippo

Enzo De Caro, alias Saverio Savastano

Peppino De Filippo aveva ambientato la sua storia nella Napoli degli anni Trenta; il figlio Luigi, riproponendola, l’aveva posticipata di una ventina d’anni; Leo Muscato ha fatto un ulteriore passo in avanti, l’ha spostata di altri trent’anni. Ed è così che “Non è vero ma ci credo”, commedia scritta da Peppino De Filippo nel 1942, racconta una storia degli anni Ottanta e ci porta in una Napoli, dice Muscato, «un po’ tragicomica e surreale in cui convivevano Mario Merola, Pino Daniele e Maradona». È una tragedia tutta da ridere quella che debutta venerdì 21 marzo, (in replica fino a domenica 23) al Teatro Gioiello di Torino, messa in scena dalla Compagnia Luigi De Filippo. Protagonista sul palco Enzo De Caro, mentre la regia è di Leo Muscato che iniziò la sua carriera artistica proprio con Luigi De Filippo.

«Mi prese a bottega nella sua compagnia - racconta -, mi insegnò letteralmente a stare in palcoscenico, dandomi l’opportunità di vivere la straordinaria avventura delle vecchie tournée da 200 repliche l’anno. Rimasi con lui per due stagioni». E ora che Muscato ha ereditato la direzione artistica della Compagnia De Filippo ha deciso di inaugurare il nuovo corso proprio con il primo spettacolo che fece con Luigi. E lo ha fatto, aggiunge, «rispettando i canoni della tradizione del teatro napoletano, ma dando a questa storia un sapore più contemporaneo». Enzo De Caro è nei panni dell’avarissimo e superstizioso imprenditore Gervasio Savastano, talmente superstizioso al punto da farsi condizionare tutta la vita.

«Personalmente - rivela, invece, l’attore napoletano che lo impersona - sono talmente poco superstizioso che, addirittura, ritengo che esserlo porti male». Gervasio vive nell’incubo di essere vittima della iettatura, cosa che genera disagio in tutti coloro che gli stanno accanto, a partire dalla moglie, dalla figlia ma anche dai suoi dipendenti, stanchi di tollerare le sue assurde. Gervasio giunge addirittura a licenziare il suo dipendente Malvurio solo perché è convinto che porti sfortuna. L’uomo minaccia di denunciarlo e portarlo in tribunale. «Sembra il preambolo di una tragedia, ma siamo in una commedia che fa morir dal ridere - è ancora Muscato -. E infatti sulla soglia del suo ufficio appare Sammaria, un giovane in cerca di lavoro, intelligente, gioviale e preparato. Ma il commendator Savastano è attratto da un’altra qualità di quel giovane: la sua gobba».

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