l'editoriale
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07 Giugno 2022 - 09:56
C’era una volta una piccola cittadina che concorreva, per prestigio e per ricchezza, con le più grandi e ricche città del Piemonte: Saluzzo. Adagiata ai piedi del Monviso, Saluzzo è oggi un comune relegato ai margini della provincia di Cuneo; ha perso anche il titolo di capoluogo. Eppure, dal XII secolo e fino al 1548 fu un marchesato indipendente, governato da una dinastia di origine aleramica (discendenti di Aleramo del Monferrato) che fece di questa città ai confini d’Italia una signoria famosa.
Nel Medioevo, Saluzzo non aveva nulla da invidiare ad altri e più celebri città piemontesi, come Chieri o Asti (Torino non era presa in considerazione, in quanto era poco più di un paese di campagna). Tommaso III di Saluzzo si segnalò per aver scritto un lunghissimo poema cavalleresco, Le Chevalier Errant. Nel primo Rinascimento, i marchesi Ludovico I e Ludovico II abbellirono la loro piccola capitale facendone un piacevole borgo d’arte, uno scrigno impreziosito dalla presenza di tanti artisti e di munifici mecenati, come Valerano di Saluzzo, figlio illegittimo e quindi non destinato a regnare, che commissionò importanti lavori di abbellimento del castello della Manta: gli affreschi realizzati su suo desiderio nella camera baronale sono considerati tra i più belli di quel periodo storico, particolarmente significativi perché testimonianza delle leggende e del fascino della cavalleria di allora.
Michele Antonio di Saluzzo, nel primo Cinquecento, divenne un importante combattente nelle guerre d’Italia, ricordato da una canzone che i soldati intonarono e che fu alla base della nota melodia del “testamento del capitano”, tipico canto degli Alpini. Nel 1548 fu deposto il marchese Gabriele e la città fu assegnata alla Francia: da quel momento, Saluzzo divenne l’estrema propaggine della corona francese, ambita dai Savoia che riuscirono a conquistarla nel 1601, iniziando dunque la loro dominazione su questa porzione dell’attuale provincia Granda.
Dei marchesi di Saluzzo non è rimasto molto, oggi: il loro ricco castello, la Castiglia, fu trasformato in un carcere e oggi si presenta al pubblico in una rinata veste museale, ma celando nei suoi piani bassi una cupa prigione. Ci si può domandare perché in Piemonte la gran parte delle dimore nobiliari, una volta dismesse, siano state trasformate - alternativamente - in caserme o prigioni. Mistero di una regione che avrebbe potuto valorizzare diversamente il suo patrimonio culturale. A dare lustro ai marchesi di Saluzzo, che riposano nella chiesa di san Giovanni, ci pensa la letteratura: come ogni scolaro delle superiori sa, il Decameron di Boccaccio si conclude proprio a Saluzzo, con la novella di Griselda, testimonianza della vita cortese del XIV secolo. Una via ricorda oggi Griselda: raro esempio di personaggio letterario commemorato dalla toponomastica di una città.
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