Dopo l’operazione Minotauro del 2011, sembrava che la ‘ndrangheta fosse sparita da Torino. Combattuta e vinta dalle istituzioni. Così sembrava. Certo, come coda della più imponente operazione antimafia mai avvenuta al nord, erano seguiti altri blitz, ma la guerra sembrava vinta. Neanche per sogno. Ieri, dopo tre anni di indagini, grazie anche alle deposizioni del super pentito Domenico Agresta, gli investigatori della Dia (il gruppo composto da poliziotti, carabinieri e Guardia di Finanza e a Torino coordinato da Alberto Somma) hanno eseguito 33 arresti (90 gli indagati) e hanno scoperto come la criminalità organizzata calabrese abbia proseguito ad operare (quasi indisturbata), curando i suoi affari tradizionali (il narcotraffico), dedicandosi all’usura e continuando ad esercitare pesanti condizionamenti a livello politico. Dunque droga, ma anche investimenti nel settore alimentare (la cocaina veniva trasportata e nascosta in carichi di cipolle), in quello alberghiero, con ricchi interessi malavitosi in Piemonte, Germania, Calabria, Spagna e Romania. Gli arresti colpiscono le famiglie di Volpiano e San Luca, considerata la “mamma” del Crimine calabrese. Si tratta del clan degli Agresta, storico casato di mafia da tempo radicato nella cintura nord e dei Giorgi di San Luca, attivi anche nel Land del Baden Wuttenberg in Germania. Tra gli indagati c’è anche un agente della polizia penitenziaria delle Vallette: «Era al servizio delle cosche e in particolare delle famiglie mafiose di Volpiano», ha spiegato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. «Siamo di fronte a una mafia che non compie gesti eclatanti - ha dichiarato il procuratore di Torino Anna Maria Loreto -, ma che cerca di reinvestire i soldi illeciti guadagnati con attività criminose. Colpendo la ‘ndrangheta in questo segmento, cerchiamo anche di ristabilire una libera concorrenza di mercato». Sono stati eseguiti anche numerosi sequestri di beni costituiti da aziende, società, cooperative edilizie, immobili, auto e conti correnti bancari e postali per svariati milioni di euro (4 solo in contanti). Tra i beni sequestrati, 5 società che operano nel settore della ristorazione, la torrefazione «Caffè Millechicchi» a Barriera di Milano e il bar «Vip’S» in via Sacchi e la tabaccheriaedicola in piazza Madonna delle Grazie a Volpiano. Inoltre nel settore immobiliare sigilli alla «G.P. Immobiliare» e nel settore dell’edilizia, alla «General Costruzione», imprese con sedi a Torino. Nell’esecuzione degli arresti sono stati impegnati 200 agenti della Dia, un centinaio di unità della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, con il supporto di unità cinofile, elicotteri e militari del Reggimento Genio Guastatori di Caserta e 500 agenti della polizia criminale del Baden-Wuttemberg, della polizia economico finanziaria di Ulm e della Sek, della polizia romena e della Guardia Civil. Tra le figure di spicco finite in manette: Gianfranco Violi, Domenico Aspromonte, Giuseppe e Mario Vazzana, Iolanda, Domenico, Antonio, Giovanni e Francesco Giorgi, Pietro Parisi, Marinella Matta, Valentina Murgia e Giuseppe Romeo. Tutti, secondo quanto accertato dalla Dia, legati, direttamente o indirettamente ad Antonio Agresta di Volpiano, considerato il vero e l’unico boss della consorteria criminale, l’erede di Pasqualino Marando e legato, per ciò che riguarda il narcotraffico, a Nicola e Patrik Assisi, oggi detenuti in Brasile e “padrini” della locale di San Giusto Canavese. Insomma, nonostante Minotauro, non solo la ‘ndrangheta ha continuato ad operare, ma lo ha fatto in quei territori a lei cari e da sempre basi operative. «Quella di oggi è una bella giornata per le forze dell’ordine e un brutto giorno per il lato oscuro del potere», ha commentato il procuratore capo di Costanza, in Germania, Johannes George Roth.
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