Sarà per il fatto che nella classifica delle aree metropolitane europee Torino è appena sopra Napoli, occupando il 41esimo posto, che l’ex capitale dell’auto si becca la medaglia di città del sud? O, come dice qualcuno, boccheggia a mezza strada tra “la regione più a sud del nord o quella più a nord del sud? Fatto sta che dopo l’incontro con il premier Draghi fiorisce una polemica, quasi tutta politica, sulle responsabilità di un declino che, a memoria era già assai chiaro nel 2008 (il sindaco era Sergio Chiamparino) quando divenne evidente che il territorio viaggiava 4 punti di Pil sotto la media nazionale. Segno che la locomotiva industriale che aveva strappato milioni di persone dal sud per riempire le fabbriche nel dopoguerra, aveva non solo l’asma, ma la bronchite. I segnali però furono ignorati e la sinistra continuò a gingillarsi in un assurdo balletto di gemellaggio con Milano. Sogno già tramontato, sempre a memoria, con il fallimento di Mi-To e della megalopoli del nord. Il resto è, purtroppo, rappresentato da una strada sempre più in discesa, mentre le altre grandi piazze europee vedevano crescere Lione e, ovviamente, Milano. Chi ha fermato Torino? A chiederselo tre economisti in un libro pubblicato (assai tardivamente) l’anno scorso. Parlo di Arnaldo Bagnasco, Giuseppe Berta e Angelo Pichierri che furono consiglieri di Castellani, Chiamparino e Mercedes Bresso. Forse ai tempi inascoltati, ma di fatto profondi conoscitori dei malanni nostrani. Ad essere clementi ci fu pigrizia o almeno troppa acquiescenza ai poteri forti, Fiat compresa. Il resto, per altro proclamato a gran voce, si conclude con “la decrescita felice” dei Cinque Stelle con politiche fatte di Ztl, monopattini e quanto altro ha ingrigito ancora di più il nostro cielo. Parliamo di quasi due decenni, che ai tempi di oggi sono secoli di immobilismo, mentre si cercava di affermare il terziario in alternativa alla manifattura. Ma non solo: basterebbe ricordare che dopo la delocalizzazione del colosso c’è stata anche quella dei centri direzionali, da Telecom all’Oreal, dalla Sai ad Axa. I fatti scrivono la storia. Anche quella del declino. beppe.fossati@cronacaqui.it
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