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Il modo giusto per onorarli

Nassiriya
C’è una diffusa (e sacrosanta) indignazione di tutto il panorama politico per la distruzione del monumento ai caduti di Nassiriya. C’è chi si spinge a parlare di «talebani di casa nostra» (lo fanno sia dal Pd sia da Fratelli d’Italia), chi garantisce che non sarà questo atto a cancellare il ricordo del sacrificio dei militari italiani. Certo, ci mancherebbe altro: il ricordo dimora nei cuori e nelle menti delle persone, non in un pezzo di metallo (peraltro anche un po’ infelice, come questo monumento lasciato un poco ai margini di piazza d’Armi, per quanto strategicamente collocato davanti ai comandi militari), così come in simboli che per quanto importanti sempre simboli restano.

Si può abbatterli, ma non cancellarli. La capacità è nel ricostruire. Per il segretario del Siulp, Eugenio Bravo, questi attentatori «meriterebbero di perdere lo status di cittadino italiano». È tutto giusto e tutto sacrosanto. Mi piacerebbe, però, che la politica sapesse andare oltre la rincorsa a commentare e indignarsi via social network (sì, scorro le agenzie di stampa e vedo che praticamente quelle che un tempo erano note politiche ora sono post su Facebook o tweet, scusate non riesco ad abituarmi) per quello che è il tema del giorno.

Il modo migliore per onorare i caduti in una guerra non voluta (da loro) e del terrorismo è quello di pensare a chi da quegli orrori oggi fugge. Ci sono decine di bambini a Settimo, e altri arriveranno, che hanno bisogno di aiuto, di tutto. Anche i ragazzi di Nassiriya ci direbbero: aiutate loro, al monumento pensiamo dopo. Per questo li abbiamo chiamati eroi.

andrea.monticone@cronacaqui.it
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