Sfumato il sogno della Gigafactory, Mirafiori deve rinunciare anche ai microchip di Intel. Ritornano le ombre sulla vecchia capitale dell’auto che, nonostante gli sforzi, fatica a trovare un suo spazio nell’ambito delle nuove tecnologie green dell’automotive. Una nuova delusione, arrivata al termine di una giornata convulsa, comunicata con la “spifferata” di Stampa, che dell’ex galassia Fiat è ben informata e che dava per certo l’addio di Intel al Piemonte. Dopo il “no” alla fabbrica destinata a costruire le batterie per le auto elettriche, oggi viene meno definitivamente anche quello che era considerato il premio di consolazione per Torino. Se Intel verrà in Italia (e questo è tutto da vedere, vista la stazza dei competitor europei) non sarà certo sulle rive del nostro Po. Questo si capisce in modo molto chiaro dalla nota diffusa dal presidente della Regione Alberto Cirio, che pure non si arrende e propone altre soluzioni al Ministero. «La Regione ha candidato da subito l’area di Mirafiori coinvolgendo Confindustria e Stellantis» assicura il governatore. Solo in un secondo momento, «Intel avrebbe espresso una propria preferenza per aree “green field”, cioè verdi non urbanizzate». E Mirafiori, con il suo milione di metri quadrati, è rimasta alla porta. Ancora una volta a vestire i panni della Cenerentola della rivoluzione dell’auto. «Abbiamo prontamente proposto quattro alternative» fanno sapere dalla Regione. «Due grandi di circa quattro milioni di metri quadri, una a Vercelli e a Galliate nel Novarese, e altre due più piccole di circa 320mila metri quadri, a Cuneo e a Casale Monferrato nell’Alessandrino, che potrebbero supportare le attività collaterali allo stabilimento produttivo». Svanito un nuovo orizzonte per Mirafiori, resta la necessità di fare squadra. Già, perché le voci che arrivavano ieri da Palazzo Civico e piazza Castello in termini di microchip apparivano quanto meno dissonanti. Da un lato, Cirio e il suo assessore Andrea Tronzano sembravano essere andati oltre l’affaire Mirafiori, concentrati sulle richieste dell’azienda e sul fornire delle alternative per restare competitivi e in gara; dall’altra, il neo eletto sindaco Stefano Lo Russo e la sua assessore al Lavoro e alle Attività produttive, Gianna Pentenero ribadivano l’importanza di dare nuovo slancio al polo torinese. «Seguiamo attentamente il dossier Intel - si legge nella nota diffusa dai due -. Ad oggi nessuna decisione sarebbe stata presa dalla multinazionale statunitense, ci incontreremo a breve con la Regione Piemonte e il Governo per seguire e sostenere l’insediamento a Torino». Mirafiori - continuano - «è un tema fondamentale per Torino, per gli spazi utilizzati e per il futuro produttivo della città, ma non è l’unico spazio presente nell’area metropolitana di Torino». E ancora: «Siamo convinti che riqualificare gli spazi esistenti debba rappresentare l’impegno comune del territorio. Abbiamo molti spazi da convertire, dobbiamo compiere ogni sforzo per attrarre attività produttive. Solo così - rimarcano - garantiamo il futuro produttivo di un’area vasta come quella di Torino. Serve innovare e serve rendere attrattivo il nostro territorio con progetti credibili e concreti». Una concretezza che, scoppiata la bolla elettorale, è subito venuta meno sul progetto di Intel. Nessuna speranza ci sarebbe stata fin da principio per il polo di Mirafiori, che non presenterebbe le caratteristiche richieste dall’azienda per il nuovo stabilimento. In altre parole, a Torino non resteranno neppure le briciole di una torta che, probabilmente, era già stata spartita altrove. Mentre il sindaco rispondeva alle domande poste dai cronisti sullo stabilimento, c’era già chi bollava il progetto come “Cronaca di una morte annunciata”. Un altro boccone amaro. Il primo per il neo eletto sindaco Lo Russo e la sua assessora Pentenero. L’ennesimo per una città che, forse ingenuamente, continua a sperare nel cambiamento. adele.palumbo@cronacaqui.it
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