Fino a qualche giorno fa eravamo in pace. Da settant’anni. Dunque l’attacco dello zar all’Ucraina ci ha fatti cadere del letto, alle quattro del mattino e ci ha lasciati sbigottiti. Perché senza essere esperti di politica estera è stato fin troppo facile capire che il nemico per Putin, che finalmente ha svelato il suo becco da avvoltoio, non è solo l’Ucraina, ma tutti noi. Ossia l’Occidente che oggi lui definisce “drogato e nazista” mentre fa correre i carri armati e spara missili persino sulla case, come ha fatto ieri a Kiev. L’Occidente che dipende dall’orso russo per il gas, le materie prime, il grano e gli altri cereali. Energia e cibo, dunque un pezzo fondamentale della nostra vita che - ammettiamolo - davamo per scontato che nessuno ci avrebbe negato. Ora siamo qui a cercare compulsivamente sui social le fasi dell’invasione, le frontiere violate, la gente che si rifugia nelle cantine, per proteggersi dalle bombe. Commuove la nascita di una piccina su una coperta stesa sul pavimento della metropolitana, mentre fuori si spara. Una vita contro centinaia di vittime di questa follia che uccide anche le nostre certezze. Putin vuole ricostruire l’impero russo, o forse addirittura di più. E in fondo la bandiera con l’aquila alle sue spalle, lo conferma. Brama non solo l’Ucraina con il suo ricco Dombass, o il formidabile porto di Odessa. Vuole di più. Ed è quello che temono, mandano persino i riservisti alle frontiere la Polonia, la Romania... Una minaccia concreta ai nostri valori e alla nostra economia che rischia di essere strangolata, comunque vada. Dalla guerra e, purtroppo anche dalle sanzioni che per l’Europa e i suoi alleati restano l’unica arma possibile di difesa e di contrasto all’invasore. Qualcuno dice che oggi Putin stia scaldando la vecchia minestra della guerra fredda, quella che ha vissuto da spione prima di usare ricatti e violenze per arrivare al potere. E che ora vorrebbe trasformare in un campo di battaglia. L’Ucraina resiste, l’ex comico diventato presidente indossa la tuta mimetica e resta lì, nel suo Paese che sa come si fa la guerriglia urbana. Anche con le armi mandate dall’Occidente. E con i soldati, compresi i nostri primi tre mila e 500 tra alpini, fanti marinai e aviatori. Anche questo ci sconvolge pensando a uomini che comunque vanno al fronte, alle loro famiglie. E al resto che non sto a scrivere. L’Italia sta con gli alleati, ed è giusto così. L’Occidente deve capire che questa volta andiamo oltre alle “missioni di pace”. Meglio, dobbiamo difendere la nostra democrazia, le nostre abitudini e i diritti conquistati dopo quella terza guerra mondiale che ci pareva, fino all’altro ieri, lontanissima. Dovremo ritrovare lo spirito patriottico degli avi, condividendolo con i nostri Fratelli d’Europa orgogliosi delle nostre radici e dei principi su cui si fondano le nostre Costituzioni. Insieme, noi e gli altri.
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