Suscitano un brivido gelido e forte le parole del ministro degli esteri russo Serghei Lavrov: «I cittadini e le strutture della Ue coinvolte nella fornitura di armi letali alle forze armate ucraine, saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni». L’Italia è tra i Paesi che invieranno a Volodymir Zelensky anche le armi più micidiali. Lo ha deciso il governo lunedì. Il motivo che è alla base della deliberazione è quello di consentire all’esercito e alla milizia di Kiev di tentare di resistere ad un armamento (quello russo) ancor più letale. Come le bombe a grappolo e termobariche lanciate sulle abitazioni civili in alcune città quali Kharkiv, Sumy, Lebedyn e Okhtyrka (ma la Russia ha smentito di averle utilizzate), ordigni in grado di creare una nuvola velenosa di aerosol capace di infiltrarsi dentro ripari e tunnel prima di essere innescata, rendendo inutili le protezioni. Dalle parole del ministro Lavrov (considerato una colomba), che ha declinato il pensiero di Putin di qualche giorno fa, emerge una precisa minaccia nei confronti dell’Occidente e anche dell’Italia: «Ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni». Non a caso oggi a Torino, ma così anche in altre città, in prefettura è stato convocato un vertice con forze dell’or - dine e rappresentanti delle istituzioni, per valutare i protocolli relativi al rinnovato stato di emergenza e alla gestione di profughi provenienti dall’Ucrania. Se da un lato le parole di Lavrov appaiono spettrali, ieri lo stesso ministro degli esteri è stato tra i principali fautori della ripresa del negoziato tra Russia e Ucraina, i cui delegati dovrebbero incontrarsi oggi in una località segreta al confine tra Bielorussia e Polonia. La politica dei “due forni” di Putin e Lavrov ha un precedente storico che rimanda alla Seconda Guerra Mondiale. Gli storici ricordano il ruolo ambiguo di Joachim von Ribbentrop, ministro degli esteri del Reich, abile nel apparecchiare negoziati prima, durante e dopo le invasioni di mezza Europa, ma solo per consentire una più rapida e fluida avanzata dell’esercito tedesco. Così è accaduto in Ucraina. Mentre si trattava al confine con la Bielorussia, una colonna di 60 chilometri di blindati russi ha iniziato il suo viaggio verso la capitale. Contemporaneamente i bombardamenti sono stati intensificati, ieri è stata distrutta la torre dei ripetitori della Tv ucraina a Kiev, è stato danneggiato anche un monumento nel memoriale della Shoah di Babi Yar. Inoltre, ha riferito il segretariato dell'arcivescovo maggiore della chiesa greco-cattolica ucraina monsignor Sviatoslav Shevchuk, «le truppe russe stanno preparando un attacco aereo sul santuario più importante, la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev». Sempre ieri le forze aeree russe hanno nuovamente colpito con un raid la città ucraina di Kharkiv, distruggendo parzialmente un edificio residenziale di cinque piani e hanno anche bloccato totalmente l'accesso al Mare di Azov, ad Est della Crimea, sul quale si affaccia tra l'altro Mariupol. Il sindaco della città ha confermato che il porto viene continuamente bombardato. Morti e feriti a centinaia in tutto il Paese e «per noi questo potrebbe essere l’ultimo giorno», ha detto Zelensky in teleconferenza con il plenum del parlamento Europeo, ribadendo la richiesta di entrare nelle Ue. Manfred Weber, presidente del partito popolare, ha risposto: «A nome del più grande partito al Parlamento rispondo: sì, siete i benvenuti». Ora toccherà agli altri.
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