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Mariupol è caduta tra bugie e realtà

Questa maledetta guerra è fatta anche di parole. O meglio di annunci. Come quello che Vladimir Putin ha fatto ieri, a proposito dell’assalto a Mariupol, affermando che “la città è stata conquistata”. Un grido di vittoria a cui è seguita una dichiarazione del suo ministro della difesa Shoigu, secondo il quale “serviranno almeno altri tre o quattro giorni per vincere la resistenza dell’acciaieria Azovstal” nella quale sono asserragliati almeno un migliaio di marine e di combattenti della brigata Azov. Per contro sia da parte del presidente ucraino Zelensky che del presidente Usa Biden, questa vittoria sbandierata come il primo vero successo bellico della Russia, viene messa in discussione con un lapidario “non ci sono prove”. E in realtà almeno mentre scriviamo la roccaforte resiste nonostante la mancanza di vettovaglie. E si appresta a vivere un’altra notte di fuoco e di bombardamenti. Perché, al di là delle vanterie dello Zar, l’esercito russo rispetto all’acciaieria contesa va con i piedi di piombo. E il motivo lo ha spiegato il nostro sottosegretario alla difesa, Giorgio Mulè. «L’attacco è stato rimandato per motivi strategici: c’è il fondato sospetto che all’interno vi siano dei pericolosi ordigni chimici che potrebbero esplodere». Aggiungendo poi che esiste anche un motivo di propaganda: Putin vorrebbe mostrare al mondo l’immagine dei soldati ucraini uscire sconfitti con le mani alzate. In ogni caso la vicenda di Mariupol lascia tutti con il fiato sospeso, soprattutto per la sorte che attende i civili. Oltre 120mila intrappolati tra le macerie, visto che le autorità russe impediscono loro di fuggire, nonostante le pressanti richieste di Kiev per una evacuazione che salverebbe migliaia di vite. Si consuma così questo ennesimo giorno di guerra, mentre si ha la conferma che il leader ceceno Kadyrov avrebbe ricevuto un piano da Mosca per assassinare il presidente Zelensky, piano poi fallito - forse due volte - per la grande perizia dei servizi di sicurezza ucraini. C’è davvero tutto e anche di più in questa guerra sporca ove non passa giorno che non si scoprano atrocità da parte dei militari russi. L’ultima in ordine di tempo è quella denunciata dal sindaco di Mariupol Vadim Boychenko, il quale ha documentato come i soldati abbiano scavato una fossa comune lunga oltre 30 metri e vi abbiano scaricato cadaveri civili gettandoli dai cassoni dei camion. Tutto avviene, tragicamente, attraverso le immagini che scorrono sui social e poi finiscono nel gigantesco archivio digitale che documenta i crimini compiuti. L’ultimo capitolo, infine, riguarda le sanzioni. A quelle Usa, risponde il Cremlino che le ha imposte contro 29 funzionari, imprenditori e giornalisti americani tra cui la vicepresidemte Kamala Harris e l’ad di Meta, Mark Zuckerberg, proprio mentre 800 milioni di dollari di apparati militari stanno per arrivare - è la seconda volta in due settimana - sul territorio ucraino.

beppe.fossati@cronacaqui.it
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