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Putin ruggisce. Vuole la guerra?

Siamo al braccio di ferro tra Putin e l’Occidente compresa la presenza sempre più ingerente degli Stati Uniti. E l’invasione dell’Ucraina che fino ad ora è costata decine di migliaia di morti tra militari e civili di entrambe le parti, rischia di debordare in qualcosa che potrebbe assomigliare ad una terza guerra mondiale. Con lo zar sempre più feroce non solo nel comandare le azioni di guerra, ma anche nelle minacce “a chi osa interferire” nei suoi piani. E non è dato di sapere fino a quale punto di rottura quest’uomo che ha servito il comunismo nella più becera delle professioni, quella della spia, sia disposto ad arrivare. Certo le sue parole, mentre tutti invochiamo una soluzione diplomatica alla guerra, sono terribili. «Se paesi terzi interferiranno (con la Russia) ci sarà una reazione immediata». E poi ancora: «Noi colpiremo con strumenti che gli altri (chi? La Nato, i Paesi Europei, gli stessi americani?) non hanno e neppure ne conoscono gli effetti». In altri momenti storici sarebbero bastate queste minacce per accendere la miccia di un conflitto. La storia ci insegna la prudenza, ma in ogni caso registrare questi out out come semplici argomenti di pressione, pare assai riduttivo. Serve un tavolo, e subito. Perché ad ogni ora che passa si corre il rischio dell’incidente di percorso, di una provocazione grave da una parte o dall’altra, di un aereo militare che sconfina, di un attacco proditorio verso qualche istituzione, per accendere la miccia. E sui due fronti, la schermaglia non si ferma: Dopo le minacce di Putin il Bundestag tedesco ha approvato la consegna di armi pesanti all’Ucraina e Biden, dopo aver chiesto al Congresso ulteriori stanziamenti in favore del paese invaso, ha dichiarato che «Finché prosegue l’assalto russo gli Usa invieranno altre armi e nuovi aiuti» a Zelensky. E non c’è solo questo ad irritare l’orso russo. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha annunciato che «se Svezia e Finlandia decidono di entrare nella Nato saranno accolti a braccia aperte», e la pratica potrebbe essere già sbrigata entro il mese di giugno. Sul fronte, quello dove si combatte e si muore continua l’offensiva dei militari e dei mercenari (soprattutto ceceni e siriani) contro il Dombass, mentre nell’acciaieria dove resiste il battaglione Azov, si rischia addirittura un’epidemia (colera?) per le pessime condizioni igieniche e la mancanza di acqua, di cibo e di medicinali. Si chiude così, in attesa della notte, un’altra giornata tragica su cui incombe anche il ricatto del gas. Con le inevitabili tensioni per la sospensione delle forniture a Bulgaria e Polonia che hanno rifiutato il pagamenti in rubli. Con una domanda finale, e soprattutto lecita: che cosa accadrà ai “Paesi nemici”, tra cui l’Italia? Il Governo informa che perora non ci sono problemi. Ma sul futuro nessuno osa pronunciare parola.

beppe.fossati@cronacaqui.it
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