Perché non ci si illuda sul futuro turistico della nostra città e dei dintorni carichi di storia, a volte è utile analizzare qualche stortura del nostro sistema. E della capacità di offrire a noi stessi, e al mondo che ci circonda servizi e opportunità. A cominciare dalle cose semplici, come per esempio i servizi di pullman. Quelli che si usano per le gite, tanto per intenderci. Bene, il 60 per cento dei mezzi restano in magazzino e mancano gli autisti. Eppure, dicono i responsabili delle ditte di trasporto le richieste fioccano, anzi fioccavano, soprattutto da parte delle scuole che per tradizione (interrotta solo in tempo di Covid) in primavera organizzano le gite degli studenti. Un paradosso per una comunità che vuole fare business, ma lascia a piedi anche comitive di bocciofile, tour organizzati (compresi quelli legati al turismo religioso) e percorsi gastronomici. Volete sapere la ragione? Semplice i bus turistici sono stati affittati per garantire il trasporto ai pendolari che le ferrovie lasciano a piedi. Bel problema da risolvere per chi vuole progettare la Gran Torino del futuro mettendo in un canestro l’arte, la musica, i congressi, l’enogastronomia, la moda e via discorrendo lasciando libera la fantasia. Mancano i servizi, la metro chiude all’ora delle galline, i ristoranti pure, la movida non è controllata. E poi c’è la magagna del turismo dei congressi. Torino non solo non è attrattiva, ma manco compare sulle mappe di chi li organizza, Milano, dicono gli esperti, è all’ottavo posto tra le città europee più gettonate, noi non siamo neppure in classifica. Che fare? Dopo anni di sistematica indifferenza ora si parla di creare un’agenzia pubblico/privata per fare promozione. Ma va? E pensarci prima, come si sarebbe dovuto fare per potenziare il Lingotto, unico centro fieristico, magari riprendendone le redini per potenziarne le strutture? Da profano suggerirei di partire dal basso, con la dovuta umiltà, cominciando a pedalare. Il mondo è già avanti.
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