Li hanno liquidati come perdigiorno che pur di bigiare la scuola scenderebbero in piazza anche per i diritti delle banane del Venezuela, additati come gli ultimi esponenti di una sinistra al caviale con la “evve” moscia che può permettersi di accusare gli altri di inquinare troppo, tanto mammà gli compra la Tesla, e a Sanremo è ormeggiata la barca di papà. Hanno detto che sono manipolati dalle lobby green e qualcuno, giocando sul nome del loro idolo svedese, è arrivato a definirli Gretini. Ma proprio stupidi, questi ragazzi arrivati da tutto il mondo che per una settimana pianteranno le tende alla Colletta per parlare di clima non sono. Anzi. E forse sarebbe il caso che i grandi facessero un giro nel campeggio al parco di Vanchiglietta per ascoltare ciò che hanno da dire. Magari consigliando ai duri e puri di evitare pagliacciate come quella di ieri sul balcone della Regione che accendono i riflettori dalla parte sbagliata oscurando tutto il resto. Ma aprendo le orecchie (e il cuore) ai discorsi di questi giovani che, ci piaccia o no, rappresentano il nostro futuro. Certo, sono ragazzi. Vogliono tutto. E lo vogliono subito in nome di un ecologismo che - dicono - rappresenta l’ultima chance per evitare una Apocalisse scontata e imminente. Forse esagerano, i ragazzi che combattono contro l’emergenza climatica. Ma che qualcosa di grave stia succedendo ormai è sotto gli occhi di tutti. Palpabile, come le bollette della luce e del gas esplose dopo la guerra in Ucraina che ha fatto salire la transizione ecologica in cima alle agende dei politici europei. E visibile. Nei fiumi, come il grande Po che a guardarlo ridotto a un rigagnolo fa stringere il cuore. E sui ghiacciai, che - dopo anni di allarmi degli esperti - ora si stanno ritirando per davvero. Non al Polo Nord, ma qui, sulle nostre montagne. Dove chi può, in questi giorni, scappa di corsa. Mentre in città si muore di caldo. Letteralmente.
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