l'editoriale
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28 Agosto 2022 - 07:44
Vale 20 miliardi di euro il traffico illecito di rifiuti in Italia. E chissà, magari la cifra è per difetto dal momento che l’anno scorso - come sottolineavano gli ultimi rapporti di Legambiente - di fatto i controlli era diminuiti, causa pandemia. La grande macchina dell'illecito, invece, no non si è fermata, neanche per idea. Il Piemonte, sempre stando ai rapporti, è al quinto posto in Italia per numero di reati registrati - ossia scoperti - con la provincia di Cuneo triste capofila in regione.
Significa, dunque, che non esiste solo la Terra dei fuochi, giù al sud, apparentemente lontana da noi, ridotta troppo spesso a una semplificazione quasi antropologica di dominio della camorra. Se c’è una cosa in cui questo Paese ha saputo colmare il divario tra nord e sud, ebbene quella è la capillarità e l’influenza della criminalità organizzata. E il business dei rifiuti, del loro smaltimento, fa gola eccome alle organizzazioni mafiose.
Da tempo, la definzione è Ecomafie. La Dia, la direzione investigativa antimafia, ha più volte lanciato l’allarme. Le devastazioni - perché di questo si tratta - sono molteplici: accumulo di rifiuti, discariche abusive, avvelenamento di campi coltivati o coltivabili - e sa il cielo quanto siano preziosi, soprattutto nell’attuale contingenza -, di falde acquifere. E poi, ancora, i roghi che si sviluppano con estrema - troppa - facilità nei luoghi di raccolta, roghi che sembrano appiccati scientificamente, molte volte.
E ora il business guarda all’estero: autentiche joint venture con gang cinesi, ché praticano prezzi migliori nello smaltimento, gonfiando così ulteriormente le cifre del giro d’affari. Peppino Impastato diceva che «la mafia è una montagna di m...». Letteralmente. Una montagna di rifiuti, almeno.
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