Ricordo ancora quei corpi distesi a terra, gli abiti anneriti dal fumo con lembi di stoffa bruciati dal fuoco. E i volti cerei, stranamente composti come solo la morte sa fare. Fu l’ultimo sguardo sulle vittime del cinema Statuto, in una giornata fredda resa immobile da una tragedia che sconvolse Torino per la ferocia del destino che trasformò un pomeriggio di festa nel sacrificio di 64 vite innocenti che ebbero l’unico torto di scegliere il cinema sbagliato. Era il 13 febbraio del 1983, la domenica di Carnevale. Nevicava e fin dalla mattina si era capito che a dispetto dai carri allegorici, dai coriandoli e dalle frittelle cosparse di zucchero filato, la sorte non era propizia. A Champoluc, in Valle d’Aosta, tre ovovie si erano sganciate dalle funi e undici sciatori erano precipitati, lasciando lì, sulla neve, le loro esistenze. Poi, nel pomeriggio quell’inferno di fuoco in via Cibrario 16-18 in quel piccolo cinema di seconda visione dove si proiettava il film La Capra con Gerard Depardieu. Tra la sala e la galleria c’erano a malapena un centinaio di persone, tra cui due bambini. E forse fu proprio la nevicata che si era abbattuta sulla città a contribuire alla bassa affluenza di pubblico, evitando che il disastro avesse ben più ampie dimensioni. Intorno alle 18,15 quando la proiezione era iniziata da una ventina di minuti, ci fu la prima fiammata causata da un cortocircuito che incendiò una tenda adibita a separare il corridoio dalla platea. Il panneggio cadde al suolo e trasmise il fuoco alle poltrone delle ultime file, col risultato di ostruire quasi completamente le uscite che si trovavano dietro. Qualcuno riuscì comunque a fendere le fiamme e a fuggire, ma vari altri spettatori, terrorizzati, si lanciarono in massa verso le sei uscite di sicurezza laterali, le quali però erano state tutte chiuse (tranne una) per iniziativa del gestore, il quale in questo modo voleva contrastare i frequenti ingressi di “portoghesi”. Dall’esterno, raccontarono più tardi alcuni passanti, si udirono urla strazianti alternate da disperate richieste di aiuto, mentre gli spettatori della platea che erano riusciti a mettersi in salvo raggiunsero l’atrio della biglietteria, nel tentativo di sfuggire alle fiamme. Attini concitati, mentre il fumo ormai invadeva tutti i locali. E a questo punto che, secondo la ricostruzione dei fatti, si verificarono una serie di errori che risultarono determinanti nel provocare la strage: le fiamme sciolsero i cavi elettrici facendo mancare l’illuminazione principale, ma non si accesero le luci di sicurezza precipitando il cinema nell’oscurità, mentre sullo schermo continuavano a scorrere le immagini del film. Le conseguenze furono catastrofiche: la galleria per diversi minuti non percepì il pericolo, se non quando fu anch’essa invasa dal fumo. Chi riuscì a rendersi conto del pericolo si diede alla fuga: alcuni si diressero verso l’accesso di sinistra che dava sull’atrio, ma nessuno riuscì a raggiungerlo. In questo punto i vigili del fuoco conteranno quasi quaranta morti, mentre un’altra parte degli spettatori si accalcò verso una porta sulla destra, che però portava a un vicolo cieco dal quale non furono più in grado di uscire. Altri infine vennero trovati morti ancora seduti in poltrona, asfissiati prima che potessero reagire. Tutte le vittime vennero trovate col viso annerito dal fumo tossico scatenato dall’incendio, che aveva trasformato la galleria in una sorta di camera a gas, soffocando i presenti in meno di un minuto, a causa delle esalazioni di ossido di carbonio e di acido cloridrico prodotto dalla combustione delle imbottiture delle poltrone, dal rivestimento plastico delle lampade e dai tendaggi alle pareti. La stessa sera del 13 febbraio ci fu la tragica conta dei morti: 64. Trentuno erano maschi e altrettanti femmine, mentre i rimanenti due erano un bambino e una bambina. La vittima più giovane aveva 7 anni, la più anziana 55. Il 15 febbraio seguente nel Duomo cittadino furono celebrati pubblici funerali, alla presenza del presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini e del sindaco di Torino Diego Novelli. beppe.fossati@cronacaqui.it
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