Voltaire aveva ragione: «La civiltà di un Paese - diceva - è data dalle condizioni delle sue carceri». E se non fossimo il Paese in cui nessuno si risparmia nel condividere sui social almeno un aforisma al giorno, verrebbe da pensare che la frase del filosofo francese non l’abbia mai letta nessuno. Perché i nostri penitenziari sono strapieni, fatiscenti. E l’inciviltà, oltre che nei confronti dei detenuti che dovrebbero espiare le proprie colpe in condizioni degne, si riflette anche sul diritto di ottenere giustizia che spetta alle vittime e a tutti noi, mortificato da uno Stato che, quando non è in grado di garantire condizioni di vita decenti a chi è stato condannato per un crimine, deve calare le braghe e risarcirlo. Pagando 8 euro per ciascun giorno di detenzione se costui non è più ristretto. Oppure, se è ancora in cella, concedendogli uno sconto. L’ultimo caso, uno dei tanti, è quello di Giuseppe Antonio Piccolo, 32 anni, condannato a scontarne trenta per l’omicidio di Manuel Bacco, freddato a colpi di pistola nella sua tabaccheria di corso Alba ad Asti mentre difendeva la moglie in un tentativo di rapina. Era il 19 dicembre del 2014, il 7 giugno 2022 la condanna è diventata definitiva. Ma adesso il fine pena, fissato il 21 maggio 2048, viene anticipato di quattro mesi perché Piccolo, secondo il magistrato di sorveglianza, nei 1.179 giorni trascorsi al Lorusso e Cutugno, ha vissuto in condizioni “degradanti” perché la cella era troppo piccola. Dunque, gli spetta uno sconto, che i giuristi chiamano detrazione, di 117 giorni da sottrarre a quelli di detenzione. Ad accogliere il reclamo presentato dall’avvocato Francesco Capria è stata la Sorveglianza di Pisa, cui spetta la competenza, dato che Piccolo si trova attualmente nella casa di reclusione di Volterra. E a fare giurisprudenza è l’ormai nota sentenza della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo pronunciata nel 2016, in cui sono stati fissati alcuni principi fondamentali che devono regolare le condizioni di detenzione. Tra questi, lo standard minimo, successivamente confermato dalla Cassazione, è fissato in tre metri quadrati di superficie per ogni detenuto, esclusi il bagno, il letto e i mobili. Nel caso di Piccolo, come ha messo nero su bianco lo stesso istituto penitenziario con un prospetto analitico aggiornato il primo dicembre 2022, il detenuto ha sempre occupato una camera di 8,24 metri quadri. Per brevi periodi da solo, e in questo caso nulla gli va riconosciuto. Per oltre mille giorni, con un compagno di cella. E in questo caso, scrive il magistrato di sorveglianza, «tenuto conto degli arredi presenti in cella, è stato sempre alloggiato in condizioni di inosservanza del limite minimo di spazio individuale». Avendo a disposizione, spiega l’avvocato Capria, «non più di due metri e settanta». Il detenuto, dunque, scrive ancora la Sorveglianza, «è stato ristretto in condizioni di oggettivo sovraffollamento». E adesso «ha diritto a un ristoro di 117 giorni di riduzione della pena detentiva», oltre a 72 euro di risarcimento (otto euro ogni 24 ore) “per la frazione residua”. stefano.tamagnone@cronacaqui.it
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