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IL BORGHESE

L’Italia si divide sull’invio delle armi: il pericolo ora è la centrale atomica

Partecipa al nostro sondaggio sull'invio delle armi a Kiev

Da quando si parla di conflitti, nei quali l’Italia è o potrebbe essere coinvolta (direttamente o meno), appare complesso interpretare il senso comune, prima ancora delle decisioni dei politici, dei semplici cittadini. Per ciò che riguarda la guerra che da più di un anno impazza tra Ucraina e Russia, provocando morti e distruzione, agli inizi appariva evidente, agli occhi italiani, che l’oppressore fosse Vladimir Putin e l’oppresso Volodymyr Zelenskyj.

Dubbi su da che parte stare, non se li è fatti venire nessuno. Con il trascorrere del tempo, dopo riflessioni più profonde e analizzando con maggiore attenzione ciò che sta accadendo a neppure 2mila chilometri dai nostri confini, sono emersi alcuni interrogativi.

Il primo e il più importante riguarda l’invio delle armi all’Ucraina, necessarie per la difesa della sua gente e delle sue città, ma anche strumenti di morte e legna che rinfocola le fiamme della guerra. Per questo motivo il giornale ha deciso si proporre ai propri lettori un sondaggio (domande e risposte oltre che sull’edizione cartacea sono disponibili sul web sul sito www.cronacaqui.it).

Giusto o sbagliato che sia inviare materiale bellico, finora l’Italia ha portato in Ucraina (Secondo il tracker di Forums Arm Trade), missili terra-aria Stinger, armi anticarro, mitragliatrici pesanti, mitragliatrici leggere di tipo Mg e sistemi anti-Ied. E poi obici semoventi da 155 millimetri, cingolati M113, veicoli blindati 4×4 “Lince”, missili anticarro “Milan”, mitragliatrici e mortai. Il Kiel Institute ha quantificato gli aiuti militari italiani in 700 milioni di euro, dati segretati dal governo italiano. Nell’ultima visita a Kiev, la premier Giorgia Meloni ha parlato dei sistemi di difesa contraerea che l’Italia invierà in Ucraina: Samp-T, Spada e Skyguard.

Ma i Samp-T sono pochi: le batterie in servizio in Italia sono attualmente 5. Il Samp-T è un sistema missilistico in grado di neutralizzare minacce aeree e missili balistici tattici a corto raggio. Proprio per la ridotta disponibilità, l’Italia dovrebbe inviare in Ucraina solo una batteria Samp-T, proprio in queste settimane, come annunciato dal Ministero della Difesa Guido Crosetto. Certo, le armi servono all’Ucraina per resistere, ma anche per prolungare il conflitto e renderlo «eterno e mondiale», specie, come sottolineano i pacifisti italiani, se non si avviano parallelamente negoziati diplomatici credibili e non si fa «unilateralmente qualche passo indietro».

Ebbene, oggi il «sentimento comune» sembra mutato rispetto a un anno fa, complice anche la crisi energetica (conseguenza della guerra) che ha colpito le tasche degli italiani. Fermo restando che la Russia ha aggredito e che Kiev ha subìto, l’invio di materiale bellico comincia a essere messo in discussione. Non che Zelenskyj debba arrendersi a tutti i costi, ma se dispone di un ricco arsenale è ovvio che voglia «cacciare i cosacchi oltre le rive del Don».

Certo è che una “nuova conferenza di Parigi” non potrà celebrarsi senza vedere come protagonisti, Stati Uniti, Cina ed Europa. Ma nel frattempo che fare? L’Italia non sa rispondere e vive questa profonda contraddizione con terrore accresciuto, specie da quando, due giorni fa, la situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia si è fatta più pericolosa con il rischio di esplosioni e contaminazioni e con l’intensificarsi degli scontri, tant’è che ieri l’ambasciata italiana ha rivolto un appello ai connazionali di lasciare l’Ucraina.

Timori che si esprimono anche all’interno di ogni forza politica, da sinistra fino a destra. Sembra di tornare ai tempi della “Grande Guerra” e ci si divide tra interventisti e non. Ma a differenza di allora, oggi tutti auspicano la pace.

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