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IL BORGHESE
09 Luglio 2023 - 06:30
La sede dell’Enpa di Torino accoglie circa 160 animali domestici tra cani e gatti
Lo hanno chiamato come l’orco buono delle fiabe, il più amato dai bambini: Shrek. E proprio come lui, questo mastino di dodici anni era solo al mondo a causa del suo aspetto massiccio. Benché, oggi, scodinzoli pacioso dietro il cancello e scaldi il cuore con uno sguardo, la gabbia del canile dell’Enpa di via Germagnano è l’unica casa che ha conosciuto. Una fortuna, bisognerebbe dire. Perché è stato stato salvato, praticamente cucciolo dal destino più crudele: quello dei combattimenti clandestini in cui cani come lui muoiono prima di conoscere l’affetto di una carezza.
E che, con numeri impressionanti, riempiono le strutture di accoglienza perché abbandonati o, peggio ancora, vittime del “racket” delle importazioni o dell’accattonaggio. Solo una delle oltre cento storie che escono dalle cucce di questo centro di eccellenza della città che, ogni estate, si riempie regolarmente di nuovi arrivi. «Uno ogni tre giorni, almeno» ci conferma la responsabile, Tiziana Berio, per cui «l’andamento degli ingressi estivi è in leggero aumento, qui da noi, ma in Piemonte è costante lungo il corso dell’anno».
Se in Italia si calcola che, in media, ogni cinque ore venga abbandonato un cane o un gatto, la statistica più recente che si ha in Piemonte è quella realizzata dal ministero della Salute nel 2021 con quasi 6mila ingressi nei canili sanitari gestiti dai Comuni, a cui si devono aggiungere oltre 3mila accoglienze nei “canili rifugio” in cui aspettano l’adozione o finiscono per restare anche tutta la vita. Lo scorso anno, invece, proprio l’Ente nazionale protezione animali ha accolto oltre 17mila cani e accudito più di 39mila gatti nelle sue 160 sedi sparse in tutta Italia.
Sintomo di adozioni in calo e abbandoni in crescita, in particolare, dopo la pandemia di Covid, quando le richieste di un animale domestico si erano impennate per “dribllare” i decreti che ci hanno costretti tutti in casa per mesi. Ma anche di una povertà che ha morso sempre più feroce. «Sono aumentate le persone che non ce la fanno più a livello economico, questo è un fatto» prosegue Tiziana, mentre libera per la “sgambata” del pomeriggio due meravigliosi meticci. E qui entrano in gioco altri fattori, spesso poco considerati, a parte l’ovvio precetto etico per cui non si dovrebbero considerare gli animali domestici come giocattoli o doni da fare al compleanno.
Questioni concrete come la tassazione degli articoli per il benessere animale o il cibo come “beni di lusso” con l’Iva al 22%, oppure, «il prezzo dei farmaci quadruplicato rispetto a quello degli umani, benché le medicine contengano le stesse identiche molecole». Paradossi da far venir l’amaro in bocca che, però, passa appena si incrociano gli occhi di Brad. Lui è finito “dietro le sbarre” nel 2011. «Perché ritenuto un morsicatore» spiega, senza nascondere il proprio visibile rammarico, la volontaria del rifugio Enpa, Roberata Carosso. «Da allora è sempre rimasto qui con noi: questo è spesso il destino di chi finisce in canile per queste ragioni o perché molte famiglie si trovano in difficoltà a tenerli in appartamento quando crescono. Ed è il destino che è toccato, in particolare, a molti “molossoidi” negli ultimi anni». Ed ecco una riprova della moda infame di andare a caccia di razze particolari, secondo le tendenze del momento. Infischiandosene persino di leggi o precauzioni sanitarie. Magari, importando cani e gatti dall’Est.
Una rotta privilegiata del mercato clandestino di animali che, spesso, finiscono persino per essere abbandonati prima ancora d’essere venduti. Come è capitato a Teo, che fa girare la coda come un mulinello nel solo vedere la mano di un essere umano avvicinarsi al muso. «Arriva dall’Albania ma sappiamo poco della sua storia» racconta Roberta. «Oggi è possente ma quando è arrivato qui non era certo in queste condizioni, anzi, era letteralmente denutrito. E anche lui è stato salvato mentre vagava da solo per strada».
Enrico Romanetto
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