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IL BORGHESE
25 Gennaio 2024 - 06:30
La crisi di Suez ci morde le tasche
La crisi di Suez sta già frugando nelle nostre tasche. I prezzi dell’agro alimentare, dei tessuti, della moda e della componentistica che rappresentano l’anello più importante dell’importazione del nostro Paese, cominciano a salire. E il futuro non è certo roseo, anzi rischia di dover registrare picchi imprevisti con conseguenze sull’inflazione e sul nostro Pil.
Per capirci stiamo parlando dell’import-export italiano che annualmente transita per il Canale di Suez e che fino all’anno scorso superava i 148 miliardi di euro (93 miliardi di import e 53 miliardi di export).
Dati che in un contesto geopolitico già teso e incerto a causa della guerra Russo-Ucraina e del conflitto Israelo-Palestinese rappresentano una pesante minaccia alla stabilità europea e alla nostra economia. Basta dire che dopo gli attacchi alle navi cargo da parte degli Houthi, il gruppo di ribelli yemenita sostenuto dall’Iran, i trasporti dall’Asia verso l’Europa sono crollati del 35%. Il pericolo fa cambiare rotta e dunque molte compagnie puntano la prua verso il capo di Buona Speranza accollandosi da 10 a 20 giorni di navigazione in più affrontando costi molto elevati, rischi di deterioramento delle merci, specie quelle alimentari (siamo i maggiori esportatori di mele e Kiwy) e riflessi negativi anche sui nostri porti. Da Genova a Venezia, Trieste, Gioia Tauro, Augusta e Livorno.
Di qui entra nel nostro Paese il 54% delle importazioni ed esce il 40% dell’export. In tre settimane il traffico si è ridotto del 20%, mentre è iniziata la scalata dei prezzi al consumo che porrebbero aumentare fino al 5/6 %. Di fronte all’emergenza l’Italia si è mossa e, insieme a Francia e Germania, ha spinto la Ue a organizzare una missione navale congiunta nel Mar Rosso per difendere i nostri mercantili. Un primo passo che qualcuno immagina possa essere anticipatore di un sistema di difesa europeo, in un clima di tensioni sempre crescenti.
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