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IL BORGHESE

A.A.A. cercasi medico di base

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

C’era una volta il medico di famiglia. Quello che vedeva nascere i bimbi e invecchiare i nonni. Che conosceva vizi e virtù dei pazienti e correva al loro capezzale quando saliva la febbre, specie d’inverno. Storie di un passato che non esiste più, grazie ad una politica sanitaria che ha perso la poesia dell’assistenza ed ha fatto precipitare il Paese in un’emergenza che sembra non trovare soluzioni.

Il medico di base, oggi lo chiamiamo così, è stato degradato al ruolo di un funzionario addetto a compilare ricette o poco più, saccheggiato nei numeri e nelle presenze, impossibilitato o quasi alle visite domiciliari, con un piccolo esercito di “clienti” che possono anche superare le mille e 500 unità. Al di là di chiedersi come faccia costui a visitare i membri di tutte queste famiglie, c’è il divario abissale tra il numero dei pazienti e quello dei medici stessi che, tra l’altro quando vanno in pensione lasciano vacante il posto che, specie nelle periferie nei piccoli paesi stenta ad essere coperto. Solo in Piemonte come denuncia la Fondazione Gimbe, di medici ne mancano 296, lasciando soperta una fascia di popolazione vicina alle 400mila unità.

E con il rischio che nei prossimi due anni il “buco” dell’assistenza sanitaria possa toccare il milione di individui. Una emergenza che, a casa mia si chiama vergogna. E che scrive una pagina nera nella storia della nostra sanità che negli anni, tra numeri chiusi alla facoltà di medicina, stipendi bassi e turni di lavoro massacranti ha già falcidiato le risorse ospedaliere e, purtroppo, non trova soluzioni alternative, tranne quella dei medici in affitto. Una realtà che stride con i fondi del Pnrr, i progetti sugli ambulatori e sull’assistenza domiciliare a danno dei cittadini che ormai su questione delicate atterra sul privato. Sempre che possa pagare.

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