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IL BORGHESE
24 Aprile 2024 - 06:30
Fabrizio Palenzona
C’è un’ombra scura sul “pasticcio brutto” della Fondazione Crt. Che grava su questa vicenda più unica che rara nelle istituzioni bancarie e che, in questi giorni, ha scosso dalle fondamenta la Torino che conta. O meglio ancora che governa silenziosamente la città da decenni. L’ombra di iniziative in divenire della magistratura sollecitate (anche) da Fabrizio Palenzona che ieri si è dimesso da presidente di via XX Settembre dopo aver richiesto l’interessamento del ministero dell’Economia che salomonicamente ha dichiarato che «non entra nei litigi» di una fondazione. C’è questo, e forse tanto altro nel “pasticcio brutto” che l’altra notte ha scritto la prima puntata di un giallo tutto da verificare. Fuori il “Camionista di Alessandria”, fatte le nomine più pesanti in Ogr, Ream e Equiter, la partita del controllo della Fondazione slitta al 7 maggio ove è altamente probabile che il vicepresidente vicario Maurizio Irrera comunichi l’intenzione di convocare una seduta successiva per indicare un nuovo presidente. Intanto alcune parole nella lettera di addio di Palenzona suonano assai pesanti specie quando cita «patti occulti tali da creare una fondazione nella fondazione e alterare le dinamiche di funzionamento degli organi sociali» tali da «piegare a logiche spartitorie la gestione dell’ente». Parole che fanno intuire che la guerra in Crt non è finita con le dimissioni. Anche se Fabrizio Palenzona, da sempre metà politico e metà manager cresciuto all’ombra della Dc di Donat Cattin e poi approdato alla corte di D’Alema, conservando tuttavia buoni rapporti con la Chiesa grazie all’amicizia con il cardinale Angelo Sodano a cui forse deve l’annullamento del primo matrimonio in Sacra Rota, questa volta pare finito davvero alle corde dopo le tante inchieste che lo hanno coinvolto ma dalle quali (va detto) è sempre stato assolto. Finora.
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