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GUERRA IN LIBANO

Timori per la vita dei nostri soldati

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Timori per la vita dei nostri soldati

Timori per la vita dei nostri soldati

Sul fronte sud del Libano, in quella striscia maledetta dove infuriano i combattimenti e si scavano le trincee per fermare i nemici, mentre avanzano i mezzi blindati, ci sono i nostri ragazzi. Mille e duecento militari italiani delle truppe Unifil asserragliati nelle basi ove ormai il livello di allarme è altissimo, in attesa di ordini. Che non arrivano. Formiche di fronte a giganti che in fondo sperano, da una parte e dall’altra di entrare in quelle caserme appena fortificate e fare man bassa di armi e di mezzi. La vita, quaggiù, lo sappiamo purtroppo tutti, vale poco o nulla. E forse solo il timore dei rispettivi comandanti sui due fronti, di innescare un incidente internazionale che potrebbe scatenare pesantissime reazioni finora ha evitato il peggio.

Lo dicono fonti militari, mentre i nostri soldati indossano, giorno e notte, giubbotti antiproiettile e caschi alternandosi nei bunker con turni di sorveglianza continui. Certo è che la morte di Hassan Nasrallah apre scenari imprevedibili mentre le truppe speciali israeliane hanno già violato il confine. Un fatto è certo: la missione Unifil nel sud del Libano ha subito uno stop sempre più pericoloso. Lo scopo dei nostri militari legato all’addestramento dell’ esercito libanese è ovviamente caduto e sta salendo il timore che, pur evitando allarmismi, i bombardamenti israeliani che appaiono sempre più vicini, possano coinvolgere le zone occupate dagli italiani.

Fonti militari rilevano che “un errore di mira si sarebbe già verificato nei giorni scorsi” tanto da spingere il nostro ministro degli esteri Tajani a prendere contatto con il suo omologo Israel Katz per chiedere l’incolumità dei nostri militari. Un quadro che evidenzia soprattutto l'impotenza della Nazioni Unite, già accertata in tante altre occasioni. Ma anche l'incapacità dell'organizzazione sovranazionale di articolare una strategia militare di pace credibile. Ovviamente sulla pelle dei nostri ragazzi.

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