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IL BORGHESE

E ora Stellantis uccide l’indotto

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

E ora Stellantis uccide l’indotto

E ora Stellantis uccide l’indotto

L’Italia costa troppo, ha detto il ceo di Stellantis tre giorni fa, annunciando un taglio dei costi del 40%. Una mannaia (che ha persino un’etichetta: “Piano Doghouse”) che di fatto finirà per aggravare la situazione dell’indotto, ossia di quelle 200 piccole e medie imprese che costituiscono da sempre l’ossatura esterna al mondo ex Fiat. Un universo di professionalità che permette di costruire un’automobile praticamente dal concepimento di un modello: dal design, all’attrezzatura necessaria alla produzione, fino ai particolari, anche i più minuti, che servono per realizzarla. Un parto lungo e difficile che può durare dai 2 ai quattro anni a cui lavorano mediamente dai due ai quattromila tecnici.

E attorno altre realtà ancora, artigiane e industriali, che portano a circa 10mila il numero dei lavoratori e dei tecnici che realizzano gli oltre 1.500 particolari di ogni singola vettura. Praticamente parliamo di fantasmi con camice e tuta di cui chi acquista un’auto ignora l’esistenza. Ebbene qui, dove risiede la cultura dell’automotive si manifesta la crisi più bieca e totale. Con il rischio che le esperienze si smarriscano impoverendo il patrimonio dell’automotive del distretto piemontese a cui, non dimentichiamolo, si aggiungono quello di Modena e di Salerno. Un dramma che si sta consumando in silenzio e non solo sotto il profilo occupazionale al quale le Istituzioni, dal governo alle regioni, dovranno trovare un viatico. Già perché i fantasmi non godono degli stessi ammortizzatori sociali dei colleghi che lavorano negli stabilimenti come Mirafiori o Termini Imerese.

Se manca il lavoro chi produce in fabbrica ha 104 settimane di cassa integrazione, metà ordinaria e metà straordinaria, mentre nell’indotto se prendiamo ad esempio le aziende di servizi, o gli studi tecnici le settimane di cassa sono 26. Ossia poco più di cinque mesi dopo di che può scattare il licenziamento. Se il Piano Doghouse dovesse abbattersi sull’indotto, con conseguente taglio del 40% dei fatturati potrebbe incepparsi il meccanismo del ricambio generazionale di questo variegatissimo comparto, visto che la generazione che in questo momento sta portando avanti le imprese è quella dei cinquantenni. Parliamo di una crisi che va già avanti da tempo e che ha già fatto vittime con chiusure di realtà storiche, quando Fca prima e poi Stellantis hanno ridotto i prezzi delle commesse all’osso. Chi ha potuto ha diversificato, ma molti hanno solo stretto la cinghia. Ora il disastro è alle porte.

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