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IL BORGHESE

L’auto elettrica ci rende poveri

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

L’auto elettrica ci rende poveri

L’auto elettrica ci rende poveri

La transizione green farà assai male alle nostre tasche. Una certezza, più che una profezia secondo il Fondo monetario internazionale al vertice della Banca Mondiale riunita a Washington qualche giorno fa, analizzando le conseguenze dello stop ai motori termici entro il 2035. Con uno studio che, in parole povere praticamente certifica che saremo più poveri, e con meno possibilità di lavoro proprio a causa dell’auto elettrica. L’analisi del Fmi mette in luce le ricadute di questa imposizione dell’Unione Europea a cominciare dai riflessi negativi sulla ricchezza di imprese e famiglie e sull’occupazione provocati da questa scelta. E mette in guardia i Paesi produttori sulla competitività della Cina nel settore elettrico, avvertendo che il recupero di competitività sarà lungo e assai difficoltoso. Una fotografia preoccupante specie per la previsione della perdita di Pil europeo già a medio termine che, pur senza analisti di rango ma semplicemente osservando come vanno le cose a casa nostra (la 500e è un esempio tragico per Mirafiori) sta già capitando. E con alti rischi sia a livello produttivo che sociale. La contrazione del mercato che Fmi sottolinea paventando non solo perdite di posti di lavoro, ma anche una ricollocazione di operai e tecnici in settori che pagano salari più bassi potrebbe avere un impatto devastante sul Vecchio Continente. Secondo le stime e gli annunci delle case automobilistiche si prevedono 600mila uscite dalle fabbriche contando licenziamenti, mancati rinnovi contrattuali e dimissioni incentivate. A Torino tutto ciò sta già accadendo. E ce lo confermano i dati allarmanti dell’indotto che sta pagando (spesso in silenzio) un prezzo altissimo e soprattutto la presa d’atto delle strategie di Stellantis  che la scommessa sull’elettrico l’ha già persa, cercando rifugio sulle ibride, ma con anni di ritardo.

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