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Il Borghese

Ecco perché quella di Trump è la vittoria dell'America profonda

Il tycoon ha intercettato la rabbia di una popolazione "di periferia" contro le élite che controllano le accademie e i media

Ecco perché quella di Trump è la vittoria dell'America profonda

La sconfitta di Kamala Harris e la vittoria di Donald Trump rappresentano non solo un evento elettorale, ma una dichiarazione d'intenti profonda da parte di un blocco sociale che ha reagito contro l’estremismo ideologico di buona parte del Partito Democratico. L'America ha scelto di dire basta a ciò che vede come imposizione ideologica delle é&lite urbane, un'é&lite che controlla i media, domina lo star system e influenza le piattaforme digitali attraverso un'<agenda politica sempre più aliena rispetto ai valori dell'elettorato comune, in particolare dell'elettorato bianco e operaio. Questa vittoria si fonda su un consenso popolare che sembra essere sfuggito ai radar degli analisti e degli opinionisti progressisti, più concentrati sui trend e sulle campagne di sensibilizzazione che non sulla vita reale degli elettori. La campagna elettorale di Harris, vicina alle stelle di Hollywood e alle piattaforme della Silicon Valley, ha suscitato un senso di disconnessione con un’America che, lontana dai riflettori e dai social, vive quotidianamente le sfide della crisi economica e dell’economia.

Ma il punto cruciale della sconfitta democratica non è tanto la candidata stessa, quanto il clima culturale che permea il suo partito, sempre più associato a posizioni ideologiche spinte, identificate comunemente come “woke”.

Mentre Donald Trump si appresta a tornare alla Casa Bianca, si profila una fase di cambiamento radicale non solo negli Stati Uniti, ma anche nel panorama internazionale. La sua vittoria rappresenta non solo un rifiuto del “politicamente corretto” in patria, ma anche una sfida alle istituzioni e alle culture dell’Occidente che si sono mostrate ostili durante il suo precedente mandato. Il voto pro-Trump ha dimostrato come una parte significativa della popolazione americana che risponde all’attuale rotta culturale del Paese, in particolare l’attivismo estremista delle università della Ivy League, spesso critico per tollerare posizioni antisemite e per rappresentare la punta di diamante della “cancel culture”. La percezione è che queste istituzioni, piuttosto che promuovere il libero pensiero, si siano tramutate in roccaforti di conformismo intellettuale.

Questa “rivolta” delle classi popolari ha quindi messo in luce un problema che va oltre la politica: il divario culturale sempre più ampio tra i centri urbani e le periferie, tra le é&lite istruite e cosmopolite e il resto della nazione. Le piattaforme digitali, dominate dagli algoritmi della Silicon Valley, hanno contribuito a esacerbare questa divisione, censurando opinioni sgradite e plasmando una realtà in cui il dissenso viene sempre più spesso etichettato come odio. In un contesto simile, l’elettorato di Trump ha percepito il suo voto come una difesa della libertà, una riaffermazione dei valori di indipendenza e autonomia.

Inoltre, il ritorno di Trump, sostenuto da una base compatta e fedele, è stato favorito dalla debolezza del suo avversario. Kamala Harris, sostenuta dalle grandi star di Hollywood e dalle piattaforme digitali non è riuscita a costruire un legame autentico con l’America profonda. Più che mai, l’elettorato ha avuto l’impressione che il Partito Democratico fosse al servizio di un’é&lite privilegiata, disconnessa dai problemi economici e sociali. Questo elettorato, privo di rappresentanza, ha così trovato in Trump la figura di un outsider disposto a lottare contro il conformismo e la dittatura del politicamente corretto.

La rinascita di Trump sulla scena politica statunitense è, dunque, un segnale chiaro: il Partito Democratico dovrà riflettere a lungo sulle proprie posizioni ideologiche e culturali se vuole tornare a rappresentare il popolo. Le accuse di estremismo e settarismo che hanno colpito il movimento “woke” e le derivate della cancel culture hanno sollevato seri dubbi tra gli elettori, anche tra i progressisti moderati. Infine, Trump si troverà di fronte a sfide complesse: non dovrà solo mantenere il consenso interno, ma anche cercare di ricostruire una credibilità a livello internazionale, compromessa dai precedenti scandali, dalle accuse di autoritarismo e dalla ferita dell’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill. La reazione delle é&lite sarà probabilmente dura, e gli oppositori non gli daranno tregua. Tuttavia, la sua vittoria dimostra che una parte consistente della popolazione americana continua a credere in lui, e che è pronta a combattere contro quello che percepisce come estraneo e fuori dalla tradizione americana. Dall’America che a tutti dà le chances per realizzare il famoso “sogno americano”.

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