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Il Borghese

Maltempo e fatalità, ecco perché serve una economia di montagna

La tragedia di Monteu da Po e le riflessioni del presidente dell'Uncem

Maltempo e fatalità, ecco perché serve una economia di montagna

Il rio Della Valle, che attraversa Monteu da Po, è poco più di un rigagnolo, ma ieri si è trasformato in un’onda assassina di acqua e fango che ha travolto il paese, ha attraversato le strade, le case, devastando. E uccidendo. Giuseppe Bracco aveva 93 anni ed è morto in casa sua, assistendo impotente all’acqua che saliva, fino a che l’ha ghermito.

Rigagnoli, torrenti, piccoli fiumi si sono gonfiati per l’impressionante quantità di pioggia che è caduta in poche ore. Sarebbe facile adesso elencare i soliti problemi: manutenzione del territorio, cambiamento climatico, persino la fatalità... Il presidente dell’Uncem, l’unione dei comuni montani, Marco Bussone, dice «Torino con i ponti chiusi, come nel 2000, forse avrà capito quanto importanti sono i territori montani?» . Monteu, in realtà, non è in montagna e neppure Ivrea, flagellata dalla Dora. Ma l’Uncem riunisce tutti nella definzione di «territori», ossia tutto quanto non è nella città: dunque la campagna, la collina, la montagna appunto. «Molti sindaci riuniti a Torino - dice riferendosi all’incontro dell’Unci -, avranno finalmente compreso che senza territori, le grandi città non vanno lontano. E non basta chiedere urbanocentricamente più fondi all'UE».

La richiesta è di «investire in montagna, contro le crisi, per avere benefici in città», investire non solo in telecamere di sicurezza delle strade acquistate con i soldi dei bandi UE o del Pnrr, in autovelox, o in grandi opere. Serve la cura del territorio.

Cominciando dalla formazione di chi ci vive, dalla creazione di nuove professionalità. Dall’adesione a una nuova economia che non sia urbanocentrica, per usare la loro definizione. Contro le fatalità autentiche, nulla possiamo. E non possiamo fermare le piogge, ma dobbiamo essere in grado di costruire un ombrello.

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