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Il Borghese
18 Luglio 2025 - 05:50
Dietro la facciata lucida della Milano globale, quella delle torri scintillanti, degli investimenti milionari e delle dichiarazioni roboanti, si nasconde - o forse si rivela finalmente - una realtà ben diversa e molto più oscura. La recente indagine della Procura, che vede coinvolto direttamente il sindaco Beppe Sala, con tanto di richiesta d’arresto per l’assessore Giancarlo Tancredi e il potente immobiliarista Manfredi Catella, ha scosso profondamente l’immagine costruita con cura, dai giornaloni con la puzzetta progressista negli ultimi quindici anni: quella di una città-modello, esempio di efficienza, moralità e attrattività economica a cui anche la giunta comunale di Torino guarda come un modello, tanto che, malgrado la città della mole vanti validissimi architetti e urbanisti è stato scelto un milanese, Mazzoleni, per l’assessorato all’urbanistica e per scrivere il nuovo piano regolatore della nostra città.
Questa volta, il colpo arriva diritto al cuore pulsante del sistema: l’urbanistica. Quello che era stato celebrato dai media mainstream come il grande riscatto milanese, l’apice di una metropoli europea finalmente pronta a sedersi al tavolo delle grandi capitali internazionali, rivela inquietanti crepe strutturali. Crepe nelle quali hanno trovato spazio, secondo le carte dei magistrati, corruzione, malaffare e quella che gli stessi pm definiscono una "rete occulta" fatta di professionisti, faccendieri, operatori immobiliari e politici pronti a piegare le istituzioni cittadine al loro esclusivo interesse privato. L’Expo del 2015, con il suo tripudio di retorica ottimista, con gli slogan sulla fiducia nel futuro, sembra oggi il prologo di una rappresentazione ingannevole. Le luci della ribalta internazionale nascondevano, dietro le quinte, accordi opachi e vantaggi indebiti. Manfredi Catella, il presunto visionario della "nuova Milano", colui che aveva attratto miliardi di investimenti stranieri attraverso Coima, oggi vede pendere sul suo capo una richiesta di arresto per corruzione. Ironico epilogo per chi era stato presentato come il brillante architetto del "modello Milano", ora sospettato di avere trasformato lo sviluppo urbano in uno spregiudicato mercato al servizio di pochi potenti.
Non meno significativo è il coinvolgimento di Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana e figura scelta personalmente dal sindaco Sala, con un curriculum che sembrava perfetto: da tecnico e dirigente apicale, era passato al ruolo politico con la benedizione di Palazzo Marino. Lo stesso Tancredi che scriveva libri nei quali si diceva preoccupato che Milano potesse trasformarsi in una "città esclusiva sul modello Manhattan", oggi è ac
cusato proprio di aver favorito interessi privati, tradendo clamorosamente quei principi di equità e giustizia sociale di cui si faceva garante. Come spesso capita, le parole pubbliche finiscono per rivelarsi un boomerang crudele alla luce degli atti giudiziari.
Ma non è certo il solo: è tutta la giunta Sala, e il suo milieu intellettuale e imprenditoriale, a trovarsi sotto schiaffo. Figure come quella dell’architetto Stefano Boeri emergono in controluce, a completare un quadro poco edificante. Boeri, noto non soltanto per la sua presunta "genialità" architettonica ma anche per l'arroganza mai sopita dai tempi in cui faceva il mazziere aggredendo con le spranghe gli studenti di destra, ha avuto già trascorsi complicati con la giustizia. Oggi la sua vicinanza a un gruppo ristretto di professionisti e società coinvolte nelle indagini, getta una luce sinistra su quello che era stato dipinto come un prestigioso cerchio di illuminati urbanisti.
La vicenda assume poi toni grotteschi se si considera che l’inchiesta agita (non poco) gli animi anche a Torino, dove Paolo Mazzoleni, assessore all’Urbanistica nel capoluogo piemontese, già risulta indagato in quattro diversi procedimenti per progetti e lavori del suo studio di architettura a Milano. E avrebbe un doppio ruolo inquietante: mentre, qui a Torino, decide su importanti interventi urbanistici per il futuro della città, il suo studio milanese continuerebbe indisturbato a collaborare con società interessate proprio ai progetti di recupero che il suo assessorato promuove. Inevitabili i dubbi sollevati dalle opposizioni (dal solo consigliere Russi, M5S, in realtà), ma nei corridoi di Palazzo Civico ci sarebbero anche parecchi brusii di membri della sua stessa parte politica, sulla compatibilità di incarichi e l’inopportunità delle scelte amministrative.
Quello che emergerebbe dalle indagini della magistratura è, dunque, un sistema degenerato. La Milano che ha fatto della verticalità dei suoi grattacieli il simbolo della sua ascesa globale, si scopre marcia proprio nelle fondamenta. La Procura parla senza mezzi termini di una "degenerazione della gestione urbanistica", di un controllo politico arbitrario volto a favorire una cerchia ristretta, di un "vorticoso circuito di corruzioni tuttora in corso", e non è certo un caso se vengono contestati progetti urbanistici come il discusso intervento sullo scalo ferroviario di Porta Romana o il progetto "Pirellino".
Una vergogna per chi si è sempre dichiarato “moralmente superiore”, una vergogna per la sinistra che ormai è rappresentata solo più da questi fighetti pieni di soldi che fanno progetti solo per ricchi e parvenu.
Per anni il "modello Milano" ha continuato indisturbato a gonfiarsi, creando una narrazione patinata fatta di immobiliaristi glam, architetti-star e politici applauditi dai giornali, i quali hanno contribuito a nascondere il progressivo sgretolamento di una città sempre meno accessibile e più diseguale. L’aumento vertiginoso dei prezzi delle abitazioni, l'espulsione della classe media verso le periferie, la precarizzazione del lavoro urbano e dei servizi pubblici sono stati gli effetti collaterali di una politica che, con questa nuova forma di progettisti-influencer, ha privilegiato solo gli interessi degli investitori miliardari, a discapito della maggioranza silenziosa dei cittadini comuni.
In definitiva, il tintinnare di manette e le perquisizioni a Palazzo Marino, per quanto possano risultare scioccanti per il pubblico che aveva ingenuamente creduto alle favole dell’amministrazione di sinistra e dell'efficienza ambrosiana, non fanno altro che svelare il volto della giunta Sala e del suo entourage: una rete di potere, per gli inquirenti, che, sotto il pretesto del progresso e della modernizzazione, avrebbe svenduto, secondo le accuse della procura, la città e i suoi abitanti al miglior offerente.
Il risveglio è traumatico, ma forse salutare: è tempo che Milano e non solo Milano affrontino finalmente la realtà.
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