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Il Borghese
21 Luglio 2025 - 05:50
Dove c’era una fabbrica d’auto, adesso ci sono gli studenti: monolocali di pregio, per fuori sede, realizzati da un fondo di investimento tedesco. E dove c’erano negozi di quartiere, spuntano appartamenti simil-loft, da adibire magari a Airbnb. E’ il nuovo volto delle città, che cambiano sulla spinta delle risorse dei fondi di investimento (inutile scandalizzarsi: i soldi per costruire sono lì), dove le case non servono più per abitare, ma per far circolare il grano o far salire il valore dei fondi, attirando nuovi investitori. O agli archistar per dare ordini a sindaci e politici, come dimostra il Sistema Milano (ma Torino non pensi di essere troppo diversa).
Ma restiamo alla fabbrica, la Diatto, simbolo della trasformazione di un quartiere, Borgo San Paolo. Fra le due guerre, era la Stellantis della sua epoca, con la differenza che i due Pietro e Vittorio Diatto fecero fuori il socio francese, imponendosi da soli.
Fra le due guerre la Diatto sfornò modelli e bolidi che facevano invelenire un certo Senatore Agnelli, che si dice avesse dato ordine ai suoi ingegneri di studiare le linee delle auto Diatto.
Fu anche convertita all’industria bellica, con commesse ricchissime, se non fosse che uno dei principali clienti, la Real Casa (i Savoia, non gli Agnelli) non pagava. Nel 1932, addio auto: restano solo i pezzi di ricambio, fino al 1955 con la chiusura definitiva.
Lo stabilimento Art Noveau rimane simbolo del quartiere, poi sventrato da un progetto di condomini con annesso centro commerciale andato rapidamente in malora. Fino alla rivoluzione, al business di studentati e case per fuori sede, o turisti, o affitti brevi. Dalla produzione industriale all’immobiliare, alla bolla dell’incasso immediato, con le incognite del lungo termine. Il destino di Torino?
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