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La Torino dei motori

Diatto, quei bolidi di lusso che stregarono Maserati e Ferrari

La storia della piccola azienda torinese che faceva concorrenza a Fiat (e fu rovinata dai Savoia)

Che auto faceva la Diatto? Storia dei bolidi di lusso che stregarono Maserati e Ferrari

Le ruspe hanno buttato giù tutto - o quasi - e dove battevano stampi, presse e motori adesso c'è un silenzioso residence. Un progetto segnato da anni di polemiche, anche di scontri, di fallimenti e di abbandono. E il Comune, ora, ha dato il via libera al recupero dell'ultima parte rimasta della gloriosa Diatto, la prima vera fabbrica di automobili sportive e di lusso di Torino. Una fabbrica nata con una "fusione", un poco come Stellantis, ma in quel caso i torinesi hanno fatto fuori i francesi e si sono tenuti marchio e prestigio. Una corsa, però, troppo breve a cavallo della Grande Guerra. E un marchio che oggi pochi ricordano ma che ai tempi affascinava gli inglesi, gli americani e persino una certa famiglia Ferrari...

Questa storia comincia nel 1835 con un ingegnere di nome Guglielmo Diatto. Agli inizi la sua ditta costruiva carrozze a cavalli, cosa che ne fa una delle Case più antiche al mondo. Nel 1838 Diatto, grazie al suo brevetto di una ruota particolare - la documentazione storica è ancora oggi conservata al Museo dell'Automobile - ampliò l'azienda, ne fece una fonderia e si dedicò alle costruzioni ferroviarie. Marchiati Diatto furono anche particolari tram a due piani in circolazione a Roma.

Tempo dopo, i suoi discendenti Piero e Vittorio comprarono un'automobile marchiata Ceirano, uno dei tanti marchi di quell'alba pionieristica dell'auto a Torino, quando non c'era solo Fiat. Ne furono talmente scontenti da chiedere e ottenere la restituzione del denaro. Fu grazie a loro se venne introdotto l'obbligo di una garanzia per il cliente!

Ignari di aver sancito una rivoluzione, i Diatto si gettarono nel campo automobilistico. All'inizio come "concessionari" italiani del marchio francese Clément-Bayard, con cui entrarono in società. La presidenza era francese, ma la fabbrica era impressionante, così come la forza lavoro: oltre cinquecento operai in un momento in cui la Fiat ne aveva settecento. In questo periodo produssero una serie di modelli - anche per il settore agricolo - e furono fornitori della Real Casa (e della famiglia di Enzo Ferrari, narra la leggenda).

Un successo travolgente, il loro. La 20A detta anche Torpedo, dall'elegantissima livrea bicolore, aveva 45 cavalli di potenza e faceva i 110 all'ora. La Tipo 30 (1996 centimetri cubici di cilindrata, 54 cavalli di potenza, velocità massima 115 all'ora), per esempio, fu utilizzata anche nel settore delle competizioni, opportunamente modificata. E nel 1926 alcuni telai furono acquistati dal team manager della Squadra Corse - desideroso di mettersi in proprio con il proprio nome -, che li equipaggiò con un motore a otto cilindri progettato insieme a un ingegnere della Diatto, per dare vita a una nuova stirpe di vetture sportive. Quell'uomo si chiamava Alfieri Maserati...

Come detto, la Diatto era quasi la Stellantis della sua epoca, ma i due torinesi fecero il percorso inverso a quello degli Elkann/Agnelli: comprarono le 7mila azioni dei francesi e ribattezzarono la Diatto che fu quindi esclusivamente Torinese. E italiana. Tanto che si accordò con Bugatti per la realizzazione di motori, anche per l'industria aeronautica, che divenne il core business dal 1915, con l'entrata in guerra. 

La grande corsa della Diatto, che era arrivata a contare migliaia di dipendenti e due stabilimenti - compreso quello fra via Frejus, via Cesana e via Moretti con una palazzina in perfetto stile Art Nouveau realizzata da Pietro Fenoglio -, giunge al termine nel  1932: la Real Casa e il Regno d'Italia, infatti, non pagano i conti delle ingenti forniture meccaniche e militari. La Diatto cambia proprietà e smette di produrre automobili, limitandosi ai pezzi di ricambio. Poi, nel 1955, la chiusura definitiva.

Nel centenario della fondazione, però, Zagato realizzò una dream car, vestendo con una carrozzeria ispirata alla filosofia Diatto una Mustang dalla potenza di 500 cavalli: la macchina, che fu esposta al Salone di Ginevra, si chiamava Diatto GT Ottovù.

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