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Un detective che sprofonda nelle tenebre nella Londra dei nuovi Jack lo Squartatore

jack is back

Il pub Ten Bells sta al suo posto dal 1666, a Spitalsfield, East End di Londra. All’interno, come fosse un elenco delle birre da servire o delle specialità del cuoco, c’è un quadro con i nomi di alcune donne sotto la scritta “Jack the Ripper”. Jack lo Squartatore. E quelle sono le sue vittime conosciute. Sì, perché pare che questo pub fosse il luogo frequentato da Jack, o da “uno dei” Jack lo Squaratore (e il pub è ovviamente nei percorsi dei tour del brivido, da fare preferibilmente di notte). Perché se il più rinomato assassino della storia non è mai stato identificato, ci sono almeno tre o quattro identikit, nonché possibili colpevoli, mentre le teorie sono incalcolabili. Fatto sta che Jack resta come un fantasma silenzioso, l’ombra di una Londra vittoriana e scura e crudele che aleggia sulla metropoli cosmopolita.

Ma il male ha forme e occhi che non sono solo quelli di Jack: ci sono assassini altrettanto sadici e crudeli; ci sono gli sfruttatori e trafficanti di esseri umani, che trattano le donne come merci; ci sono i deliri politici di una politica che, sì, forse qualche influenza vittoria l’ha conservata se pensa di trattate la prostituzione come reato - e solo in chiave anti immigratoria - anziché come conseguenza sociale. C’è tutto questo nella Londra allucinata di “Jack is back” (Piemme, 17,50 euro) di Stefano Tura, giornalista della Rai proprio a Londra.

Jack is back, Jack è tornato: il titolo del libro e il significato di un hashtag (#jib) che circola in Rete assieme a foto di donne orribilmente massacrate. Chi si avventura in questo mistero, ovviamente, fa una brutta fine. Molto simile a un romanzo corale, per via di tutti i protagonisti (il sergente di polizia un po’ borderline ma inesorabile, il trafficante slavo di esseri umani senza identità, le giovani escort, il professore di storia divenuto guida ai misteri di Londra e somigliante a Karl Marx), ha ovviamente come richiede la struttura di genere un protagonista, che è l’unico che parla in prima persona, nelle parti a lui dedicate: l’ispettore Derrick Brainblee. Ovviamente geniale, come rivela il soprannome che odia, “Brain” ossia cervello, ovviamente belloccio e tenebroso, sempre ovviamente tormentato e non poco. Derrick, infatti, ha trentasette anni e da quando ne aveva venticinque soffre di blackout mentali: momenti in cui perde conoscenza del mondo, nonostante il suo corpo magari continui a muoversi, e sprofonda in un buio popolato di incubi (solo incubi?) e morte, accompagnati dal fischio lacerante dell’acufene. Ma se questi blackout diventano sempre più frequenti, e le immagini che emergono da queste buie acque sembrano quelle dei delitti del “nuovo” Jack, cosa dobbiamo aspettarci? Chi è il nemico? Lo slavo importatore e torturatore di ragazze? Il nobile debosciato e ricchissimo che si fa portare la “merce” a casa dall’assistente in Jaguar? Il Ten Bells è aperto, sedetevi e ascoltate.

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