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I grandi gialli del Piemonte

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In corso Vittorio Emanuele 37 viveva il ragionier Guido Gambaro, impiegato benestante del Genio Civile. Il 1° agosto 1945 venne trovato cadavere dalla donna di servizio che ogni giorno si recava da lui per i lavori casalinghi. Gambaro giaceva nudo nel letto, avvolto in un lenzuolo insanguinato: il killer lo aveva soffocato e poi aveva sferrato un colpo di martello sulla sua testa. Dall’appartamento erano spariti denaro e gioielli.

Chi poteva essere l’assassino? La portinaia asserì di aver visto tre giovani che uscivano dall’androne della casa nella notte del 31 luglio 1945; scambiò con loro anche qualche parola; tuttavia, quei giovani non vennero mai rintracciati e questo macabro delitto, commesso poco dopo la fine della guerra, in una Torino mezza distrutta dalle bombe, restò irrisolto. Tuttavia, il caso non venne archiviato tanto facilmente: nel 1950 le indagini ripresero, perché molti collegarono il caso Gambaro con quello del delitto del pied-à-terre di via Artisti, 1, del 1946. In quel caso, ad incontrare la morte era stato un altro ragioniere, Gino Romano Pavanato. Anche in quel caso, l’uomo giaceva nel letto colpito da colpi di martello; in entrambi i casi erano spariti dei gioielli dalla casa; infine, in entrambi i casi, le vittime erano omosessuali.
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