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La sentenza

Botte e minacce alla consigliera comunale, condannata a 6 mesi di carcere

Rachele Sacco e l’altra donna si erano denunciate a vicenda per una lite a Chieri, nel 2017

Rachele Sacco botte

Rachele Sacco ai tempi della lite, con il collare

Per quella lite davanti al suo ufficio, la consigliera comunale di Chieri Rachele Sacco era imputata in un processo per lesioni. La giudice l’ha assolta mentre ha condannato a sei mesi di carcere Nicole Albanese, la 33enne che ha ammesso di averle tirato un calcio.
A quasi sei anni dall’episodio, si chiude così il processo per i fatti che, nel 2017, erano diventati un caso politico non solo chierese. Anche se le motivazioni della sentenza non dicono nulla a riguardo, Sacco, all’epoca in Forza Italia e ora referente territoriale di Azione, resta convinta che quelle percosse siano state un agguato per i temi su cui concentra la sua attività in Consiglio comunale, tra sicurezza e case popolari.

Rientrata davanti al suo ufficio da un appuntamento, aveva trovato Albanese vicino alla sua macchina. Tra le due erano volati insulti, poi erano venute alle mani. La consigliera è finita a terra ed è stata portata all’ospedale, dove ha ritrovato l’altra donna. Che ha continuato a insultarla e l’ha anche minacciata di morte. Entrambe hanno sporto querela, raccontando versioni diverse sull’episodio, come hanno poi fatto nel processo.

Secondo Albanese, «la macchina di Sacco era parcheggiata male e l’ho colpita con un solo calcio. Lei mi filmava, allora le ho strappato il telefono dalle mani. A quel punto, si è scagliata contro di me, aiutata dalla mamma». Sacco smentisce: «Albanese mi si è scagliata contro, strappandomi il telefono di mano, più volte. Sono caduta a terra».
Chi ha ragione? «La versione di Sacco trova riscontro nei racconti dei testimoni - scrive nelle motivazioni della sentenza la giudice Melania Cafiero - Non si può dire altrettanto di quella di Albanese».

Per la 33enne condannata, la pena è sospesa con la condizionale. La sua avvocata, Beatrice Manera, annuncia di aver già avviato le procedure per il ricorso alla Corte d’Appello.

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