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Il reportage

Natale in Croce rossa fra ambulanze, agnolotti e ospedali pieni

Il racconto di come volontari e dipendenti della Cri hanno passato i giorni di festa

Natale in Croce rossa fra ambulanze, agnolotti e ospedali pieni

Agnolotti la sera della vigilia, lasagne, cotechino e panettone per il pranzo di Natale. Normali menù delle feste, con una particolarità: i commensali sono volontari e dipendenti della Croce rossa di Chieri, che li hanno “consumati” fra una corsa in ambulanza e l’altra.
Ci sono anche loro fra chi non può fermarsi in occasione delle festività natalizie, anche perché le chiamate non mancano: «A differenza del solito, le giornate dal 24 al 26 sono state tutte giornate impegnative - racconta Paolo Riccardi, uno dei capisquadra all’opera - A Natale e Santo Stefano abbiamo fatto una ventina di servizi: d’altronde l’ambulanza e il pronto soccorso sono gli unici riferimenti, visto che i medici di base non sono in servizio».

La Cri di Chieri, in particolare, ha buona parte della collina torinese da coprire. E in questi giorni ha pure dovuto andare oltre il suo territorio di competenza. C’erano da soccorrere soprattutto persone ammalate di Covid e influenza, talmente tanti che l’ospedale ha finito le barelle e le ambulanze hanno dovuto fare la coda fuori dal pronto soccorso. E’ successo a Chieri come in tanti altri ospedali, torinesi e non.

«Abbiamo trasportato pazienti per controlli verso altri ospedali, visto che al Maggiore non ci sono certi servizi specialistici come neurologia e chirurgia vascolare - racconta ancora Riccardi - Abbiamo anche fatto dei servizi privati per consentire ad anziani ricoverati in casa di riposo di fare il pranzo con le loro famiglie». E, come “ricompensa” supplementare, sono arrivate torte e panettoni per fra volontari e dipendenti che si sono impegnati durante le feste (una ventina per turno, con un rapporto di uno a dieci): «Confesso che a Natale non sono stato bene, mi è spiaciuto rinunciare a mangiare lasagne e cotechino con i colleghi - sorride il caposquadra - Almeno sono ancora riuscito ad assaggiare gli agnolotti del 24».

Aggiunge Gianpiero Del Tito, presidente della Cri chierese: «La nostra sede é davvero una seconda casa e una “famiglia” per i volontari. E’ un bel segnale in un periodo di scarsità di risorse e di mancanza di vocazioni, a fronte di un’enorme domanda da parte del territorio». In collina il problema si sente meno e Riccardi parla di «isola felice». Conferma Del Tito: «Resistiamo cercando di stare vicini alle persone e di unire volontari di diverse generazioni».

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