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Il caso
13 Febbraio 2024 - 06:31
L'Ex Embraco
Quasi vent’anni dopo l’inizio della bonifica, le falde acquifere restano contaminate dalle sostanze chimiche inquinanti. Succede allo stabilimento ex Embraco di Riva presso Chieri, finito al centro delle cronache degli ultimi anni per il fallimento del piano industriale che avrebbe dovuto rilanciarlo e, invece, ha lasciato più di quattrocento persone senza lavoro.
In passato, qui si realizzavano prodotti metallici e, per sgrassare alcuni materiali, si utilizzava la cosiddetta trielina. Nel 2005 ci si accorge di una falla agli impianti di lavaggio, da cui la sostanza penetra nel terreno. Si interviene subito per eliminare la fonte d’inquinamento, ma il danno è fatto: le falde sotto lo stabilimento sono contaminate e, con il movimento dell’acqua, la contaminazione si estende anche all’esterno.
Iniziano subito le spese di bonifica a carico dell’azienda, che in quel periodo si chiama Embraco (prima era stata Aspera, poi è diventata Ventures, fino al patteggiamento dei vertici della società a quattro anni di carcere per bancarotta fraudolenta). Il problema non riguarda solo l’area più superficiale, ma anche quella in profondità. È soprattutto una questione ambientale: in quel tratto, infatti, non risultano pozzi che attingono l’acqua potabile.
La prima fase della bonifica prevede lo smaltimento della terra intorno al pozzo. Con la seconda, nel 2014, vengono realizzati degli sbarramenti per portare nelle falde delle sostanze che accelerano la degradazione della trielina, trasformandola in una sostanza innocua. Ne segue una terza, in cui viene usato anche il siero di latte. Obiettivo: estinguere il problema dell’inquinamento.
Tutto risolto? Ancora no, soprattutto nell’area sotto al capannone. come è emerso negli ultimi accertamenti eseguiti dall’Arpa. Per questo, nei prossimi mesi, è atteso il via libera del Comune di Riva presso Chieri alla costruzione di un impianto per estrarre l’acqua dalle falde inquinate, depurarla e rimetterla nel terreno. Non è escluso, in ogni caso, che la contaminazione si riveli irreversibile. In questo caso, bisognerà pensare a una quarta fase di messa in sicurezza permanente, ancora da definire, in modo da scongiurare altri rischi futuri.
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