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Il giallo

«Mio fratello ha tentato di uccidermi». Ma per i carabinieri non è vero nulla

Chiuse le indagini sulle coltellate del 23 novembre a Nichelino. Ora la vittima è accusata di calunnia

Le coltellate in famiglia diventano un giallo: il fratello ha un alibi

Sembrava tutto chiaro fin dall’inizio: dopo essersi ritrovato un coltello in pancia, Teodoro Procopio aveva immediatamente puntato il dito contro il fratello Luigi. Bisognava “solo” trovare il presunto aggressore, appena uscito di galera dopo 23 anni: era stato condannato per l’omicidio della madre della compagna. I carabinieri di Nichelino erano poi riusciti a rintracciare Luigi Procopio e a portarlo in caserma, dove hanno scoperto che aveva un alibi di ferro: il giorno delle coltellate, lo scorso 23 novembre, era in un dormitorio a Pavia. E ha dei testimoni che possono confermarlo.

Alla luce di tutto questo, il pubblico ministero Gianfranco Colace e i carabinieri di Nichelino hanno chiuso le indagini sul tentato omicidio di sei mesi fa. Ma non hanno individuato colpevoli: «Io non ci credo all’alibi di mio fratello - è la tesi che Teodoro Procopio aveva ribadito nei mesi scorsi a TorinoCronaca - Sono sicuro che sia stato lui a colpirmi, l’ho visto e ho ancora oggi il suo viso davanti agli occhi». Eppure i carabinieri non hanno creduto al 55enne nichelinese, che ha anche lui piccoli precedenti per furto. Anzi, aleggia l’ipotesi che Teodoro abbia voluto incolpare Luigi per ”toglierselo di torno”: «Se non fosse stato mio fratello, non lo incolperei mai di una cosa così grave» ha sempre sostenuto il ferito. Una difesa che non è bastata a convincere gli investigatori e il pm, che ora lo accusano del reato di calunnia: in sostanza, Teodoro Procopio avrebbe incolpato il fratello del suo tentato omicidio pur sapendo che non è stato lui a commetterlo.

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