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IL CASO

Da roccaforte ’ndranghetista a sede della protezione civile

Per coprire i costi, l’amministrazione locale parteciperà a un bando statale dedicato al riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie

Da roccaforte ’ndranghetista a sede della protezione civile: la sfida di San Giusto Canavese

Un tempo apparteneva a uno dei nomi più noti del processo Minotauro, quello che nel 2011 mise a nudo la presenza radicata della ’ndrangheta in Canavese. Oggi, quella villa confiscata a Giuseppe Fazari, ritenuto uno dei capi della locale di San Giusto, potrebbe diventare la sede della protezione civile comunale. È il progetto su cui sta lavorando l’amministrazione guidata dalla sindaca Giosi Boggio: trasformare un simbolo del potere criminale in una struttura a servizio del territorio. Il bene, oggetto di confisca già nel 2015, è stato sgomberato soltanto nel 2022, dopo un lungo contenzioso e la permanenza nell’edificio di due parenti di Fazari. Lo sgombero è avvenuto senza resistenza. Per rendere l’edificio funzionale a ospitare la protezione civile, serviranno circa 125mila euro di lavori. Fondi che il Comune spera di ottenere partecipando al bando ministeriale dedicato ai Comuni che intendono riutilizzare beni confiscati alle mafie. Il progetto è stato affidato direttamente all’architetto Alessandro Giacolino, incaricato per la redazione della progettazione di fattibilità tecnico-economica e per il coordinamento della sicurezza. Il compenso pattuito è di 16.132,51 euro, con uno sconto del 15% rispetto al preventivo iniziale. «Al momento si tratta solo della partecipazione al bando. Incrociamo le dita, ma non abbiamo certezze sul finanziamento», ha dichiarato la sindaca Boggio.

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