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il retroscena

Morto mentre provava gli airbag "salvavita": cosa c'è dietro il dramma sugli sci

Matteo Franzoso, quando è caduto sulle piste in Cile, stava testando degli airbag contenenti dati preziosi

Matteo Franzoso, l'azzurro di sci, morto dopo una caduta in allenamento in Cile

Matteo Franzoso, l'azzurro di sci, morto dopo una caduta in allenamento in Cile

Stava testando un airbag speciale con all’interno dati preziosi. Che se analizzati, avrebbero forse consentito in futuro di ridurre gli incidenti sulle piste. Ma quei dati, Matteo Franzoso non ha mai potuto consegnarli. Perché proprio sulle piste, in Cile, ha perso la vita. E adesso si chiede un segnale immediato, oltre a più sicurezza per evitare altre tragedie. Come ha spiegato Andrea Abodi, ministro dello Sport. Mentre per Corrado Macciò di Head Italia, azienda leader nello sci, il problema non sono i materiali ma le piste. «Ci siamo visti con un gruppo di lavoro per la sicurezza degli impianti da sci perché il compleanno di Matteo ci impone di fare un'ulteriore riflessione per dare un segnale immediato, lo dobbiamo a lui e a quei ragazzi che non ci sono più», le parole di Abodi. Il gruppo di lavoro era composto, oltre che dal ministro, anche da Fisi, Federfuni, Anef, Cip, Associazione e Collegio Maestri. E’ stata fatta una riflessione sugli impianti di allenamento per capire se garantiscono lo stesso grado di sicurezza delle piste da gara. «Queste tragedie - ha proseguito Abodi - sono per noi motivo di profonda tristezza, ma anche di ulteriore responsabilità e ce le vogliamo prendere per perseguire maggiormente la sicurezza. Ricordo che poi sono stati presi già due provvedimenti legislativi a riguardo, l'ultimo contenuto nel decreto sport, che prevede l'obbligatorietà del casco».

Dopo la morte di Franzoso, sotto accusa finiscono quelle componenti che fanno andare veloci (forse troppo) gli sciatori. Un’accusa che Corrado Macciò, general manager della Head Italia, respinge al mittente. «Bisogna creare condizioni di sicurezza intorno alle piste dove gli atleti si allenano. Se vogliamo colpevolizzare un materiale, lo sci, non è la strada giusta», così Macciò. «Occorre - prosegue - mutuare il lavoro fatto in Formula 1 e creare condizioni di sicurezza sempre, non solo in gara. Fare in modo che una caduta di uno sciatore in allenamento, che è una cosa normalissima, non abbia conseguenze per l'atleta. Se vogliamo solo dare la colpa a una componente che è un materiale, non troviamo la soluzione, ma solo un colpevole comodo, senza poi risolvere il problema. Si possono fare dei tracciati che fanno fare agli atleti più curve, farli girare di più, farli andare più piano, anche se poi facendo girare troppo i tracciati si rischia di creare problemi alle articolazioni, e quindi non è la soluzione ideale. Questi gravi incidenti non si sono verificati in competizione ma durante gli allenamenti dove le piste non hanno le stesse condizioni di sicurezza che invece ci sono in gara».

Proprio durante un allenamento ha trovato la morte “Super Franz”, che ieri avrebbe compiuto 26 anni. Destino beffardo quello del giovane, a cui è stato fatale il trauma cranico con edema cerebrale dopo l’incidente sulla pista. Ma Franzoso mentre sciava stava testando degli airbag che gli erano stati forniti da un’azienda specializzata in abbigliamento da sci. Airbag contenenti delle centraline, con dati preziosi, da trasmettere per aumentare la sicurezza. Ed evitare tragedie. Come la sua.

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